Incontro regionale LMC di Puglia – 16 febbraio 2020


Momento di preghiera introduttivo

Introduzione: L’8 febbraio 2015, memoria liturgica di santa Giuseppina Bakhita, la suora sudanese che da bambina fece la drammatica esperienza di essere vittima della tratta, le Unioni delle Superiore e dei Superiori Generali degli Istituti religiosi hanno promosso la Giornata di preghiera e riflessione contro la tratta di persone.

Davanti all’altare vengono portati un mappamondo e delle catene di ferro. Man mano che si avanza dal fondo verso l’altare si sente il rumore delle catene.

Proiezione di un filmato (trailer del documentario “Wells of Hope”)

Lettrice/lettore 1: Dagli scritti di Daniele Comboni (Lettera circolare al clero del vicariato, 10 agosto 1873)

[3349] Un altro deplorabile delitto abbiamo da compiangere in taluno dei nostri fedeli, ed è la cooperazione diretta o indiretta al disumano commercio degli schiavi, ed alla orribile tratta dei neri. Sono tanto là trascorsi alcuni, da considerare i neri, come una specie diversa di esseri dagli uomini, e media tra i puri animali e l’uomo: pretendono quindi, che i neri per loro condizione debbano essere schiavi, e che debbano servire come un articolo di speculazioni industriali. Perciò con massimo nostro dolore abbiamo appreso che v’ha taluno dei cristiani, i quali con danaro o con armi prestano aiuto a coloro che vanno violentemente a strappare dalle loro famiglie e rapire dai loro paesi queste infelicissime vittime della più spietata barbarie, che sono nostri dilettissimi Figli e preziosa nostra eredità, e che non mancano di quelli, che ne fanno acquisto per venderli ad altri, e di quelli che li maltrattano con disumane percosse fino al sangue, e di quelli che illegittimamente li maritano e poi ne vendono la prole, oppure vendono separatamente la moglie dal marito e dai figli.
[3350] […] L’animo nostro altamente indegnato contro gli autori di questi delitti, si rivolge a Voi, dilettissimi Cooperatori in quest’ardua e laboriosa Vigna di Cristo, perché facciate conoscere a tutti i nostri fedeli, che Noi a nome della Religione e dell’umanità detestiamo e vietiamo questo disumano commercio. Gesù Cristo ci ha detto espressamente (S. Mat. XXIII. 8.) che noi siamo tutti fratelli, senza distinzione tra bianchi e neri, e che, (S. Mat. 7.) non dobbiamo fare agli altri ciò che non vorremmo fatto a Noi stessi.

Lettrice/lettore 2: Dai pensieri di papa Francesco (Giornata di preghiera e riflessione contro la tratta di persone 2018)

[…] Incontrare i sopravvissuti alla tratta di esseri umani. Andate nelle vostre parrocchie, in un’associazione vicino casa, incontrate le persone, ascoltatele. Da lì, cresceranno una risposta e un impegno concreti da parte vostra. Vedo infatti il rischio che questo diventi un problema astratto, ma non è astratto. Ci sono segni che potete imparare a “leggere”, che vi dicono: qui potrebbe esserci una vittima di tratta, uno schiavo. Abbiamo bisogno di promuovere la cultura dell’incontro che porta sempre in sé una ricchezza inaspettata e grandi sorprese. San Paolo ci dà un esempio: in Cristo, lo schiavo Onesimo non è più uno schiavo ma molto di più, è un fratello carissimo (cfr Filemone 1,16).
La speranza […] la potete trovare in Cristo, e Lui lo potete incontrare anche nelle persone migranti, che sono fuggite da casa, e rimangono intrappolate nelle reti. Non abbiate paura di incontrarle. Aprite il vostro cuore, fatele entrare, siate pronti a cambiare. L’incontro con l’altro porta naturalmente a un cambiamento, ma non bisogna avere paura di questo cambiamento. Sarà sempre per il meglio. Ricordate le parole del profeta Isaia: “Allarga la tua tenda” (cfr 54,2).

Segno e risonanze: Passeranno tra noi le catene: ciascuno/a le terrà in mano per sostare in silenziosa preghiera in memoria delle vittime di tratta, vive e defunte, e per chiedere al Signore l’audacia di farsi loro prossime.
Nel mentre, condivideremo una parola o una frase che ci hanno colpito di quanto finora ascoltato, facendocene reciproco dono. Prima di condividere la parola/frase, diciamo il nostro nome.

Preghiera contro la tratta (a cori alterni)

Donne: Santa Giuseppina Bakhita, da bambina sei stata venduta come schiava e hai dovuto affrontare difficoltà e sofferenze indicibili. Una volta liberata dalla tua schiavitù fisica, hai trovato la vera redenzione nell’incontro con Cristo e la sua Chiesa.
Uomini: Santa Giuseppina Bakhita, aiuta tutti quelli che sono intrappolati nella schiavitù. A nome loro, intercedi presso il Dio della Misericordia, in modo che le catene della loro prigionia possano essere spezzate.
Donne: Possa Dio stesso liberare tutti coloro che sono stati minacciati, feriti o maltrattati dalla tratta e dal traffico di esseri umani. Porta sollievo a coloro che sopravvivono a questa schiavitù e insegna loro a vedere Gesù come modello di fede e speranza, così che possano guarire le proprie ferite.
Uomini: Ti supplichiamo di pregare e intercedere per tutti noi: affinché non cadiamo nell’indifferenza, affinché apriamo gli occhi e possiamo guardare le miserie e le ferite di tanti fratelli e sorelle privati della loro dignità e della loro libertà e ascoltare il loro grido di aiuto. Amen.

Workshop

1° momento: “VEDERE”

Il fenomeno migratorio

Alcuni motivi per cui ci si sposta sono guerra, mancanza di sicurezza e diritti, maltrattamenti, disastri e cambiamenti climatici, costruzione di grandi opere, non avere più una casa, mancanza di opportunità lavorative, mancanza di possibilità di cura, offrire possibilità di studio o di vita migliori ai propri figli, raggiungere una persona cara.
Tra le cause della povertà si annovera il ruolo delle industrie del settore alimentare, dell’abbigliamento, del commercio di armi.

Le principali “rotte della speranza” sono:

– dal Brasile e dall’America centrale verso gli USA e il Canada;

– dall’Africa sub-sahariana verso l’Unione Europea;

– dal Corno d’Africa verso l’Unione Europea, i Paesi del Golfo, il Sudafrica;

– dal Medio Oriente verso l’Unione Europea;

– da Iran, Afghanistan, Pakistan e India verso l’Unione Europea e gli USA;

– dallo Sri Lanka, Filippine e Indocina verso l’Australia;

– dalla Cina verso gli USA.

Le barriere nel mondo sono 50 e sono in continuo aumento; 8.000 km di barriere che delimitano oltre 30mila km di frontiere.

Proiezione del video “Cara memoria

Qual è il destino dell’immigrato?

“Sono Youssef, ho 29 anni e sono un rifugiato politico del Senegal. Ho impiegato tre anni per arrivare in Italia. La durata del tempo è stata strettamente correlata con la questione economica. Mi sono fermato nei vari paesi per lavorare e guadagnare nuove risorse per poter proseguire il mio viaggio. Alcune compagnie organizzano i viaggi che dal Senegal, passando per Mali e Burkina Faso, arrivato fino al Niger. La Libia per me è troppo pericolosa e ho paura di cadere nelle mani delle organizzazioni locali. Nei posti di blocco però, ho dovuto dare altri soldi ai poliziotti corrotti o ai banditi. Se non paghi la polizia, gli agenti ti perquisiscono e ti spogliano per vedere sei hai nascosto del denaro. Se non ce l’hai, ti picchiano o ti impediscono di proseguire. Dal Niger in poi, il viaggio è diventato molto incerto. I guidatori mi hanno lasciato al confine meridionale con la Libia, come un sacco di immondizia nei pressi di una discarica. Ero abbandonato a me stesso. Per entrare in Libia ho pagato 600 Dinar (circa 400 euro) passando anche per un periodo in prigione. È normale andare in carcere, spesso è lo stesso autista a portartici. Non so come spiegartelo, è una sorta di commercio. Sono dei trafficanti di esseri umani. Ci hanno venduto alla polizia, non so bene perché. Ti incarcerano a Tripoli e poi ti ricollocano in altre città. I momenti peggiori li ho vissuti in Libia. Da subito ho dovuto fare i conti con la morte. Durante questo tempo, per un mese e mezzo ho ricevuto 10 centilitri d’acqua e 50 grammi di riso al giorno. So bene cos’è la povertà, ma non avevo mai patito così tanto la fame. Ero pronto a tutto pur di lasciare quello stato così inospitale. Il viaggio verso l’Italia era molto caro (1200 Dinar) e ci ho messo circa due anni ad accumulare i soldi che, via via, davo allo scafista. Sono rimasto in mare tre giorni. Quando ho visto la polizia italiana sono scoppiato a piangere e ho ringraziato Allah per avermi fatto arrivare vivo”.

Quali sono gli interessi economici sulla gestione degli immigrati?

Il sistema di accoglienza in Italia è così strutturato:

– all’arrivo si viene indirizzati negli Hotspot e Centri di prima accoglienza;

– chi non ha ottenuto il permesso di soggiorno viene condotto nei CPR (Centri di Permanenza e Rimpatrio) nei quali si può essere trattenuti per un massimo di 180 giorni;

– chi ha ottenuto il permesso di soggiorno entra a far parte del sistema SIPROIMI (Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati) o nei CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria).

L’Italia nel 2019 ha deciso di spendere 1,018 miliardi per le nostre missioni militari all’estero, di cui circa 102 milioni per la Libia. Tra le missioni finanziate 60,12 milioni sono per l’operazione Mare Sicuro e il supporto alla Guardia costiera libica.

Proiezione del video “Non sono problemi nostri

Presa di posizione dell’Osservatore Romano

Con pochissime navi umanitarie rimaste nel Mediterraneo centrale e gli ultimi residui della capacità di ricerca e soccorso europea irresponsabilmente abbandonati, questo tratto di mare resta la rotta migratoria più pericolosa al mondo. Quest’anno almeno 426 uomini, donne e bambini hanno già perso la vita durante la traversata, 82 dei quali in un naufragio appena due settimane fa. Nei primi sei mesi del 2019, il rischio di annegare è più che raddoppiato rispetto allo stesso periodo del 2018.

“I governi europei vogliono far credere che la morte di centinaia di persone in mare e la sofferenza di migliaia di rifugiati e migranti intrappolati in Libia siano un prezzo accettabile per le politiche di controllo della migrazione. La cruda realtà è che mentre sbandierano la fine della cosiddetta crisi migratoria in Europa, fanno consapevolmente finta di non vedere la crisi umanitaria che queste politiche perpetuano in mare e in Libia. Queste morti e sofferenze sono evitabili e finché continueranno, non possiamo restare a guardare…” (Sam Turner – Capo missione di MSF per le attività di ricerca e soccorso e la Libia).

Le ONG rimaste a soccorrere migranti sono:

– la nave Sea-Watch 3 della ONG tedesca Sea-Watch;

– la nave Alan Kurdi della ONG tedesca Sea-Eye;

– la nave Open Arms della ONG spagnola Proactiva Open Arms;

– il piccolo aereo monomotore della ONG francese Pilotes Volontaires, che segnala eventuali imbarcazioni in difficoltà nel tratto di mare fra Italia e Libia.

2° momento: “PENSARE”

Presentazione

Moltitudini di uomini e donne, bambine e bambini lungo tutta la storia, si sono mossi nel tentativo e desiderio di ricerca di una vita degna. Milioni di invisibili, di scarti, di esuberi, dentro una storia di esclusioni, di guerre e povertà programmate, percorrono oggi le vie dell’esilio. Rotte e cammini impervi che spesso si concludono con la morte prematura.
Siamo un solo pianeta, una sola umanità. Quali che siano gli ostacoli, e quale che sia la loro apparente enormità, la conoscenza reciproca e la fusione di orizzonti rimangono la via maestra per arrivare alla convivenza pacifica e vantaggiosa per tutti, collaborativa e solidale. Non ci sono alternative praticabili. La ‘crisi migratoria’ ci rivela l’attuale stato del mondo, il destino che abbiamo in comune il destino del clan. Quei nomadi – non per scelta, ma per il verdetto di un destino inclemente – ci ricordano in modo irritante, esasperante e raccapricciante quanto vulnerabile sia la nostra posizione nella società e fragile il nostro benessere” (Zygmunt Baumann).
Le migrazioni sono sempre state presenti nelle diverse tappe della storia. Attraverso alcune icone bibliche entreremo in punta di piedi; varcheremo la soglia per incontrare, attraverso il Dio Pellegrino di Gesù di Nazareth, il cammino degli uomini di oggi. Gesù apre varchi, attraversa i confini di territori ostili, scompone l’ordine costituito infrangendo la legge; Gesù, uomo marginale e ai margini, ci invita a scegliere da che parte stare.

Dinamica

Divisi in tre gruppi si legge e poi si analizza il testo biblico.

Testi:
• Gen 18,1-6: Abramo, appena li vide, corse loro incontro nella tenda
• Lc 1,39-56: Maria si mise in viaggio verso la montagna
• Lc 10,25-37: Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico

Domande per il lavoro di gruppo:
• Quale immagine di Dio e di Gesù è presentata in questo testo?
• Quali atteggiamenti concreti queste immagini ci sollecitano a vivere?

Scrivere le risposte attraverso degli aggettivi o verbi su dei cartelloni che poi verranno condivisi.

Approfondimento

Questi testi sono particolarmente sensibili ai temi della mobilità umana, soprattutto nel contesto dell’accoglienza e dell’ospitalità.
Alcune chiavi di lettura ci possono aiutare ad individuare “i tratti, il profilo dell’io ospitale”:
Il primo tratto: l’io ospitale tiene la porta della propria casa aperta. “Poi il Signore apparve ad Abramo alle Querce di Mamre, mentre sedeva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno”. Un testo rabbinico racconta che la tenda di Abramo aveva un’apertura per ogni lato così da poter accogliere chi si trovasse a passare da ogni direzione. Ospitale è il soggetto la cui casa non è luogo dove egli abita nel chiuso del rapporto da sé a sé ma lo spazio che, aperto all’altro, si apre all’altro e nelle cui porte le chiavi non sono strumenti che chiudono. Abramo offre una generosa ospitalità preparando per i viandanti stranieri cibo buono e abbondante.
Il secondo tratto: l’io ospitale dà il benvenuto. Ospitale è l’io che non teme l’altro come intruso da cui proteggersi ma gli dà il benvenuto, riconoscendolo come colui che, per l’io, è il “ben-venuto”, perché venendo all’io ed entrando nella sua casa gli porta bene, introducendolo nel bene e elevandolo al bene come bontà e disinteressamento. Come ricorda Lévinas, nel volto dello straniero accolto e ospitato risplende il volto del Maestro. L’incontro tra Maria ed Elisabetta è un incontro fecondo di vita, le due donne si accolgono nella reciprocità di una solidarietà che le accomuna. Maria, icona di tante donne migranti, affronta i pericoli del viaggio. La sua decisione non lascia spazio ai ripensamenti; una situazione umana che la rende prossima a tante donne in esilio, in fuga. Una gravidanza irregolare, incinta prima del matrimonio e non del suo promesso; la sua condizione fragile e vulnerabile la mette al bando dalla comunità. Se non fosse per lo sviscerato amore di Giuseppe, che le crede e la sposa lo stesso, sarebbe colpevole di adulterio e condannata a morte. Nella nostra società liquida, flagellata dalla paura del fallimento e di perdere il proprio posto, i migranti diventano “walking dystopias” (distopie che camminano), vengono percepiti portatori di cattive notizie.
Maria, liberata dai suoi abiti celesti e dorati, deposta da altari irraggiungibili, percorre le vie impervie e tortuose della Palestina. Mi piace restituirle la sua umanità e accostarla alle tante donne che in cerca di vita e spesso gravide si mettono in viaggio, fuggendo da luoghi in cui la vita è bandita. Maria, icona della mobilità umana, portatrice di buone notizie può essere definita walking utopia, l’utopia del Magnificat… “ha rovesciato i potenti dai troni, ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote, ha soccorso…”. In fondo, nel cammino di Maria ritroviamo i nostri cammini di speranza, i nostri sogni, le nostre utopie.
Il terzo tratto: l’io ospitale si accorge di ciò di cui l’altro soffre e ha bisogno. Accorgersi dell’altro è vederlo, è portarsi con il proprio cuore dove l’altro soffre. L’andare all’altro e soccorrerlo è messa in crisi e sconfitta dell’indifferenza, causa di infinite ingiustizie e violenze. Il vero male di oggi è l’indifferenza, la non percezione tra l’umano e il disumano. Ospitale è l’io che fa spazio all’altro limitando il proprio; ospitale è l’io che interrompendo il movimento da sé a sé, lo inverte, lo converte orientandolo da sé all’altro; l’io ospitale dona ciò che ha… disponendo di pane e vino… simboli dei beni necessari… se ne spossessa per condividere… non si sceglie di essere ospitali ma si è scelti e costituiti come soggetti ospitali.
Tra samaritani e giudei non corre buon sangue, due territori divisi per divergenze ideologiche religiose. La Samaria rappresenta l’idolatria; l’amore di Dio non fa distinzioni tra ortodossi ed eretici perché l’amore è universale. Il Dio della religione chiede obbedienza alla legge creando discriminazione e barriere che sono causa di divisione e fomentano ogni sorta di particolarismo… Il Dio di Gesù cerca uomini e donne che gli assomigliano nell’amore.
I dottori della legge (dirigenti e autorità religiose), detentori del potere religioso, pretendono che il popolo non debba avere un’opinione propria ma dipendere sempre da quanto essi dichiarano. Sono sordi perché non vogliono udire, guide cieche che non si accorgono della realtà; dietro la loro ideologia si trova una posizione di privilegio.
L’accoglienza, il farsi prossimo, è caratteristica fondamentale di Gesù, riassunta nella parabola del Samaritano, che manifesta la misericordiosa bontà dell’uomo nell’incontro con il suo prossimo, sebbene questi appartenga ad un’altra etnia, professi un diverso credo religioso o si identifichi in differenti tradizioni socio-culturali. Gesù rinvia il suo interlocutore alla vita, sollecitandolo a confrontarsi con i fatti, con la realtà, con la durezza del quotidiano, dove si incontrano donne e uomini nel bisogno. Ecco perché agli esponenti dell’ortodossia – il «dottore della legge» – Gesù contrappone un rappresentante degli esclusi – l’eretico Samaritano –: d’ora in poi solo l’amore compassionevole sarà la chiave per definire il prossimo, al di là delle distinzioni e delle separazioni di carattere religioso, culturale o etnico. In definitiva, si ribadisce l’importanza di favorire, promuovere e difendere la centralità e la dignità della persona, di ogni persona, tutta la persona, di tutte le persone senza eccezione alcuna, con la ferma convinzione che «la principale risorsa dell’uomo… è l’uomo stesso» e che, nella complessità dei movimenti migratori, «il migrante è assetato di “gesti” che lo facciano sentire accolto, riconosciuto e valorizzato come persona» (EMCC, n. 96).

3° momento: “AGIRE”

L’esperienza della Comunità “La Zattera” dei LMC di Palermo

4° momento: “CELEBRARE”

… La nostra patria è una barca… noi siamo solo andata…

Spazio celebrativo: telo nero, disegni di Lampedusa, barchette.

Canzone: Io sono l’altro (Niccolò Fabi)

Salmo della Vita (Erri De Luca)

Da giorni prima di vederlo il mare era un odore,
un sudore salato, ognuno immaginava di che forma.
Sarà una mezza luna coricata, sarà come il tappeto di preghiera,
sarà come i capelli di mia madre.
Beviamo sulla spiaggia il tè dei berberi,
cuciniamo le uova rubate a uccelli bianchi.
Pescatori ci offrono pesci luminosi,
succhiamo la polpa da scheletri di spine trasparenti.
L’anziano accanto al fuoco tratta coi mercanti
il prezzo per salire sul mare di nessuno.
Notte di pazienza, il mare viaggia verso di noi,
all’alba l’orizzonte affonda nella tasca delle onde.
Nel mucchio nostro con le donne in mezzo
un bambino muore in braccio alla madre.
Sia la migliore sorte, una fine da grembo,
lo calano alle onde, un canto a bassa voce.
Il mare avvolge in un rotolo di schiuma
la foglia caduta dall’albero degli uomini.
Vogliono rimandarci, chiedono dove stavo prima,
quale posto lasciato alle spalle.
Mi giro di schiena, questo è tutto l’indietro che mi resta,
si offendono, per loro non è la seconda faccia.
Noi onoriamo la nuca, da dove si precipita il futuro
che non sta davanti, ma arriva da dietro e scavalca.
Devi tornare a casa. Ne avessi una, restavo.
Nemmeno gli assassini ci rivogliono.
Rimetteteci sopra la barca, scacciateci da uomini,
non siamo bagagli da spedire e tu nord non sei degno di te stesso.
La nostra terra inghiottita non esiste sotto i piedi,
nostra patria è una barca, un guscio aperto.
Potete respingere, non riportare indietro,
è cenere dispersa la partenza, noi siamo solo andata.
Faremmo i servi, i figli che non fate,
nostre vite saranno i vostri libri d’avventura.
Portiamo Omero e Dante, il cieco e il pellegrino,
l’odore che perdeste, l’uguaglianza che avete sottomesso.

Ascolto della Realtà: Siamo invitate e invitati ad ascoltare la realtà narrata dalle immagini poste sul telo nero, a sentire il pianto del mare, a raccogliere le lacrime di dolore, ad evocare con una parola o un’emozione ciò che abita nel nostro cuore.

Ascolto della Parola: raccolta di parole dei gruppi

Gesto: Gesù attraversa i confini geografici e le barriere culturali del suo tempo per disegnare una nuova mappa di libertà e giustizia.

“La nostra patria è una barca… È cenere dispersa la partenza”.

“Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora io dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri” (don Lorenzo Milani).

Realizzeremo le barchette di carta colorata che poggeremo sul telo nero con l’impegno che tutte e tutti siamo una patria, un luogo in cui approdare ed essere accolti.

Canto: Sólo le pido a Dios

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.