Incontro 5-6 marzo 2021

Bari | 31 Mar 2021

Ad inizio marzo abbiamo preso parte, assieme agli altri gruppi LMC d’Italia, al 2° incontro in preparazione al Forum Sociale della Famiglia comboniana.

L’incontro si è articolato in due collegamenti online. Nel primo webinar c’è stata la presentazione della mappatura delle ministerialità sociali portate avanti dai vari rami della Famiglia comboniana nel mondo, frutto dell’elaborazione di questionari compilati nel corso dello scorso anno dai referenti dei vari progetti comboniani. Nel secondo webinar ci si è suddivisi in gruppi composti da componenti dei vari rami della Famiglia comboniana del mondo per condividere e confrontarsi su quanto emerso dalla suddetta mappatura.

Hanno preso parte a questo incontro: Carlo (Foggia), Emilia (Licata – AG), Fabrizio (Bari), Francesca (Bari), Francesca (Foggia), Francesco (Troia – FG).

Di seguito le risonanze su questa esperienza a cura di tre componenti del nostro gruppo, a partire dalle domande oggetto di confronto nel corso del secondo webinar.

1) Cosa mi sorprende dei risultati della mappatura?

Francesco – È stato bello scoprire i risultati della mappatura suddivisi nelle macro-aree e sotto-attività. Si intuisce il grande lavoro svolto dai Consigli che hanno preparato questo studio. Anche se capisco che non è rappresentativo di tutte le realtà della Famiglia comboniana perché, per esempio, manca la missione di Mangunde dove ho prestato la mia breve esperienza dalle Suore Missionarie Comboniane.

Da fotografo, mi salta all’occhio che sono scarse le attività relative ai mass media e alla comunicazione. Le cose belle bisogna farle vedere perché con i social, ora più che mai, i giovani si cibano di comunicazione.

È vero che della carità si dice “non sappia la sinistra cosa fa la tua destra” ma penso che delle tantissime e preziose attività che la Famiglia comboniana porta avanti, sarebbe bello farle conoscere.

Le notizie negative si fanno subito strada e fanno scalpore ma ora penso che sia arrivato il momento di gridare dai tetti le cose belle, perché l’amore si moltiplichi.

Altro aspetto che mi lascia perplesso è la scarsa presenza di attività di animazione missionaria e vocazionale; questo forse spiega anche la scarsa presenza di vocazioni.

Bisognerebbe aumentare l’animazione missionaria, eventi, corsi, laboratori formativi e l’accompagnamento spirituale e vocazionale. Approfondire la parte spirituale, contemplativa.

Aumentare anche il dialogo interreligioso, sia tra le varie religioni sia tra i giovani perché se si considera che la maggior parte dei giovani rimane estranea alla Chiesa, forse anche questo aspetto può rientrare nel dialogo interreligioso.

Fabrizio – Nella presentazione dei risultati è emersa la limitatezza della dimensione della denuncia: questo non mi sorprende perché, alla luce delle testimonianze comboniane ascoltate in questi anni, in alcune situazioni e contesti l’approccio che può portare maggiori frutti è il lavorare sottotraccia. È emerso anche il limitato impegno per l’integrità del creato, ma questo è un gap che riguarda un po’ tutta la Chiesa, non solo il mondo comboniano: l’esistenza di alcune opere-segno indicano però che un cammino in tal senso è stato avviato.

Emilia – Nel gruppo di confronto di cui ho fatto parte colpiva il dato della poca incisività del ministero della denuncia: personalmente l’ho commentato con stupore, avendone una percezione del tutto opposta, visto l’impegno della Famiglia comboniana nell’informazione critica, nella formulazione e/o sottoscrizione di campagne, appelli e la preparazione di incontri a interesse collettivo.

Dal confronto è emerso che si denuncia l’ingiustizia sociale ma non si va alle fonti, non si agisce sulle cause di morte.

Non c’è advocacy; in alcuni contesti particolari, dove, per esempio, vi è la presenza di regimi che violano diritti umani, si è impossibilitati o impauriti a denunciare e come resistenza all’ingiustizia e all’oppressione c’è al massimo l’impegno a educare e costruire modelli alternativi, ma rimane la poca incisività a livello di pressione governativa.

Qualcuno ha sottolineato il permanere di un vecchio stile di missione, quello solitario; l’isolamento è uno dei maggiori limiti del missionario e della missione perché da soli non si è influenti, non si entra nella dimensione politica, nelle “stanze” dove si decide sulla vita di ognuno, orientando scelte imperniate a caratteri di giustizia sociale, soprattutto nei territori difficili, ancora nelle pastoie delle dittature, guerre ed oppressioni di vario genere: per cui è stata ritenuta importante l’acquisizione di una nuova visione di missione, ad azione “plurale”, strutturata.

Altro dato posto all’attenzione è quello positivo sulla guida ai giovani, per il quale ho manifestato la necessità di rafforzare e uniformare una pastorale giovanile (e anche giovane-adulta) vocazionale, dove non vi sia separazione tra cammino spirituale, formativo e di impegno concreto.

È forte il bisogno di figure guida semplici e coinvolgenti, che entrino nel cuore del giovane, che lascino che il senso di missione entri nel cuore e lo accompagnino, passo dopo passo, nel difficile discernimento della dimensione della ministerialità da seguire e da portare avanti e che lo supportino, poi, nella concretizzazione delle sensibilità scoperte. Ho accennato al grande sforzo e amore di un missionario comboniano (“solo”) nell’avvio e nell’animazione nel contesto di Bari di un percorso di pastorale giovanile comboniana, percorso che si è potuto sempre più rafforzare e avere continuità nel tempo grazie al coinvolgimento degli altri rami della Famiglia comboniana.

Al fine di innescare il senso vero della missione, credo che portare a conoscenza la mappatura ai giovani e agli adulti che intraprendono un percorso possa aiutare a creare orizzonti, sogni.

2) Dove intuisco la presenza dello Spirito?

Francesco – Vivere insieme come comunità. Credo che una delle sfide di oggi sia combattere l’individualismo e aiutarsi l’un l’altro. Come accade un po’ nella comunità Malbes di Padova, sarebbe bello se nella stessa struttura vivessero insieme padri, suore e laici. Ognuno potrebbe avvalersi della presenza dell’altro e poi, come dice papa Francesco: “Non ci si salva da soli”.

Fabrizio – Nella collaborazione tra i vari rami della Famiglia comboniana: lavorare insieme richiede un grande sforzo di umiltà, disponibilità al dialogo e all’ascolto, anelito all’unità, condivisione a cuore aperto di saperi e talenti.

Emilia – Nella ricchezza delle ministerialità, nonostante i limiti, e nella forza che ancora ci unisce da tutti i lembi di questa nostra Casa Comune.

3) Come avviare un percorso di dialogo e riflessione ministeriale nella Famiglia comboniana?

Francesco – Ci vorrebbe una coesione e collaborazione di tutta la Famiglia comboniana, praticare una collaborazione tra le varie forze così com’è stato fatto in questo evento. Si otterrebbero risultati fantastici.

Fabrizio – Provare ad organizzare incontri zonali coinvolgendo i vari componenti dei rami della Famiglia comboniana presenti in un determinato territorio (in Italia, ad esempio, in base alla presenza comboniana nei territori, i livelli degli incontri potrebbero essere l’interregionale, il regionale, il provinciale, il cittadino).

Emilia – Gli strumenti possibili proposti dai componenti del gruppo di confronto di cui ho fatto parte convergono quasi tutti sul binario della condivisione di progettualità, della creazione di iniziative comuni, di gruppi di riflessione trasversali a tutti i rami della Famiglia comboniana che tessano insieme i carismi.

Personalmente, suggerisco di tracciare percorsi circolari, lavorare per tavole rotonde nell’avvio di progetti/iniziative dove tutti i componenti di questa grande famiglia missionaria – secondo le sensibilità, le competenze e i carismi – abbiano l’opportunità di sedersi insieme agli stessi beneficiari (laddove possibile) per una progettualità realmente condivisa, sinodale e a misura di destinatario, che verrebbe, così, reso protagonista.

A tal fine, ritengo essenziale portare a conoscenza i progetti nascenti, sin dalla loro fase embrionale, così da avere e dare la possibilità di partecipazione dalla loro formazione.

Inoltre, ai fini di una missionarietà “povera per il povero”, e a “metodo ecclesiale/sinodale”, ho proposto percorsi di educazione all’ascolto e di sinodalità.

Come espresso da papa Francesco, il Sinodo è un processo, è una modalità di vivere la Chiesa; la forma visibile di comunione perché è fraternità dei battezzati che, quindi, devono camminare insieme.

Per cui, il primo presupposto di questo cammino di comunione è l’ascolto: ascolto della Chiesa, ascolto nella Chiesa (tradotto: ascolto della Famiglia comboniana e nella Famiglia comboniana), ascolto costante, soprattutto, dell’umanità. Le realtà, con le loro mutevoli criticità, bisogni, obiettivi, crisi, conflitti, vanno lette e ascoltate di continuo.

Ascoltare deve diventare ascoltarsi l’un l’altro, nella volontà di imparare qualcosa dall’altro e di accogliersi reciprocamente: e, soprattutto, deve essere ascolto dello Spirito che ci parla negli eventi, negli incontri con gli altri. E ci vuole educazione in questo.

Ho notato che tra le attività in cui si esprime la ministerialità sociale comboniana l’ascolto è sicuramente un aspetto onnipresente, trasversale perché chiaramente senza questa dimensione nessun progetto per l’altro avrebbe vita.

Ma non vi è (credo) una dimensione dedicata a questo, che si prefigga come fine principale di educare all’ascolto, e all’ascolto delle povertà. Senza contare che una delle tante povertà è proprio il non essere pensati e ascoltati, la mancanza di qualcuno che pensi e ascolti il nostro “io”, i nostri limiti.

Non intravedo cioè, una ministerialità propria dell’ascolto, che ritengo sia una componente fondamentale sia per chi opera sia per i destinatari dell’azione missionaria.

Ma per entrare in punta di piedi nell’umanità dell’altro, sostenere idee di carità, facendoci evangelizzare dall’altro, occorre una vera e propria “scuola di ascolto” che diventi lettura dei bisogni con la forza dello Spirito.

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