Canto iniziale
Salmo 51: Crea in me, o Dio, un cuore mondo (Turoldo)
Pietà
di me, o Dio, pietà
secondo la tua infinita tenerezza,
per
quanto le viscere hai ricolme d’amore
cancella le mie
infedeltà,
lavami
e raschia via la mia colpa,
fammi mondo dal mio peccato.
Le
mie trasgressioni io le riconosco,
il mio peccato mi sta sempre
davanti.
Contro
te, contro te solo ho peccato,
quanto è male ai tuoi occhi ho
commesso:
tu, sempre giusto nelle tue sentenze,
lascia
parlare la tua pietà.
Ecco,
nella colpa sono stato generato,
peccatore mi concepì mia
madre;
ecco,
è la sincerità del cuore che tu ami,
per cui fino all’intimo
sono da te
ammaestrato.
Purificami
con l’issopo e sarò mondato,
lavami e sarò più bianco della
neve.
Ridammi
ancora gioia e letizia,
esultino le ossa che hai frantumate.
Distogli
il tuo volto dal mio delitto,
dalle radici estirpa ogni colpa.
Crea
in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito forte.
Non
cacciarmi dalla tua presenza,
non privarmi del tuo santo
spirito.
Ridammi
la gioia di essere salvo,
mi regga ancora uno spirito grande.
Insegnerò
le tue vie ai ribelli
e i peccatori a te torneranno.
Liberami
dalla sentenza di morte,
Dio, o Dio mio salvatore,
e
griderà la mia lingua
alla tua giustizia.
Signore,
apri tu le mie labbra,
la mia bocca acclamerà la tua lode.
poiché
le vittime tu non gradisci,
né vuoi in dono alcun sacrificio:
uno
spirito pentito
è il sacrificio perfetto,
un cuore
contrito e umiliato, o Dio,
questa l’offerta che tu non
rifiuti.
Nel
tuo amore fa’ grazia per Sion,
le mura rialza di Gerusalemme.
Le giuste offerte allor gradirai,
l’olocausto e la totale oblazione:
allora sante saranno le vittime
sacrificate sul tuo altare.
Vangelo (Marco 14,3-9)
Ora egli, trovandosi a Betania in casa di Simone il lebbroso, mentre era a tavola, entrò una donna con un vaso di alabastro di olio profumato di autentico nardo, di grande valore; or ella, rotto il vaso di alabastro, glielo versò sul capo. Alcuni si sdegnarono fra di loro e dissero: «Perché tutto questo spreco di olio? Poiché si poteva vendere quest’olio per più di trecento denari e darli ai poveri». Ed erano indignati contro di lei. Ma Gesù disse: «Lasciatela fare; perché le date fastidio? Ella ha compiuto una buona opera verso di me. Perché i poveri li avrete sempre con voi; e quando volete, potete far loro del bene; ma non avrete sempre me. Ella ha fatto ciò che poteva; ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura. Ma in verità vi dico che in tutto il mondo, ovunque sarà predicato questo evangelo, si racconterà pure in suo ricordo ciò che costei ha fatto».
Gesto: Anfora che raccoglie il nardo
Quel
profumo Gesù lo porterà con sé fin dentro i meandri più bui della
sua Passione. Forse Gesù avrà sentito ancora su di sé le mani
gentili e “sacerdotali” di quella donna che, con larghissimo
spreco d’amore, lo hanno “consacrato” messia, unto, cioè
profumato, sacerdote, re e profeta dell’amore che si dona senza
calcolo e con sovrabbondanza! Forse il gesto sproporzionato di quella
donna e quel profumo intenso tra i capelli lo aiuteranno a confermare
nei momenti più difficili la scelta di donarsi con spreco e di
profumare la sua morte di Vita!
E
noi che profumo siamo? Non si legge più nei nostri occhi, nel tono
di voce, che siamo i “profumati”. “Cristiani” vuol dire unti.
Che senso ha parlare di risurrezione, se non emaniamo questo stesso
profumo di Vita? Se anche la nostra vita non sboccia, non si rinnova,
non segue la legge della natura e delle stagioni, degli inverni e
delle primavere di risurrezione?
(Don Gigi Verdi, Fraternità di Romena)
Racconto
Tanti
anni fa, c’era un capriolo che sentiva continuamente nelle narici
un fragrante profumo di muschio. Saliva le verdi pendici dei monti e
sentiva quel profumo stupendo, penetrante, dolcissimo. Sfrecciava
nella foresta, e quel profumo era nell’aria, tutt’intorno a lui.
Il capriolo non riusciva a capire da dove provenisse quel profumo che
tanto lo turbava. Era come il richiamo di un flauto a cui non si può
resistere. Perciò il capriolo prese a correre di bosco in bosco alla
ricerca della fonte di quello straordinario e conturbante profumo.
Quella ricerca
divenne la sua ossessione. Il povero animale non badava più né a
mangiare, né a bere, né a dormire, né a nient’altro. Esso non
sapeva donde venisse il richiamo del profumo, ma si sentiva costretto
a inseguirlo attraverso burroni, foreste e colline, finché affamato,
esausto, stanco morto, andò avanti a casaccio, scivolò da una
roccia e cadde ferendosi mortalmente.
Le
sue ferite erano dolorose e profonde. Il capriolo si leccò il petto
sanguinante e, in quel momento, scoprì la cosa più incredibile. Il
profumo, quel profumo che lo aveva sconvolto, che gli regalava così
tanta serenità e felicità, era proprio lì, attaccato al suo corpo,
nella speciale «sacca» porta muschio che hanno tutti i caprioli
della sua specie…
(Leggenda Indù)
Canto finale