Incontro 9 ottobre 2011 – Catechesi

Lecce | 15 Ott 2011

TRINITÀ E FAMIGLIA UMANA (UMANA UNITÀ)

Trinità e Umana-Unità

Un racconto africano della creazione parla di Maa Ngala, il Dio Padre che creò venti esseri per popolare l’universo, ma non riuscendo a dialogare con nessuno di essi volle prenderne un pezzettino da ognuno e così creare il ventunesimo: l’uomo, cui diede la prima parte del suo nome Maa.

Le religioni riconoscono la umana-unità che, in genere, si fonda sulla creazione: tutti gli uomini sono fratelli perché creati da Dio.

Nel cristianesimo affermiamo di essere figli dello stesso Padre: in ADAMÀ (Adamo-Eva) la famiglia umana è una realtà unita; essa è l’UMANA UNITÀ nata dalla Trina-Unità. Ogni fase del cammino umano dovrà costantemente conservare, in fedeltà, questa radice, questo marchio d’origine, comune ed essenziale.

Questa unità viene riaffermata e benedetta in momenti particolari (difficoltà): Ez 34,11-15

Perché così dice il Signore Dio: Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e le passerò in rassegna. Come un pastore passa in rassegna il suo gregge quando si trova in mezzo alle sue pecore che erano state disperse, così io passerò in rassegna le mie pecore e le radunerò da tutti i luoghi dove erano disperse nei giorni nuvolosi e di caligine. Le farò uscire dai popoli e le radunerò da tutte le regioni. Le ricondurrò nella loro terra e le farò pascolare sui monti d’Israele, nelle valli e in tutti i luoghi abitati della regione. Le condurrò in ottime pasture e il loro pascolo sarà sui monti alti d’Israele; là si adageranno su fertili pascoli e pasceranno in abbondanza sui monti d’Israele. Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare.

Parentela universale

Questa “fraternità” o parentela antropologica, stabilisce mutui rapporti che favoriscono rispetto, accoglienza, aiuto reciproco, altruismo. Per questo in tutte le religioni l’ospitalità è sacra, è in qualche modo accoglienza di Dio o esperienza del sacro e l’altruismo è raccomandato e praticato non solo all’interno del proprio gruppo etnico, ma anche nei confronti dello stesso straniero. Detto cinese: “tra i quattro mari, tutti sono fratelli”.

Noi purtroppo creiamo barriere difensive e offensive. Amiamo Dio ma non entriamo pienamente nei suoi progetti; in particolare operiamo una scissione tra Lui e il “fiore all’occhiello” della creazione che è l’Umanità. Il libro del profeta Giona (1-4) racconta questa nostra incapacità per concludere che solo Dio ama veramente tutti i popoli.

Fuga-rifiuto di Giona (Gn 1,1-3)

Fu rivolta a Giona, figlio di Amittài, questa parola del Signore: «Àlzati, va’ a Ninive, la grande città, e in essa proclama che la loro malvagità è salita fino a me». Giona invece si mise in cammino per fuggire a Tarsis, lontano dal Signore. Scese a Giaffa, dove trovò una nave diretta a Tarsis. Pagato il prezzo del trasporto, s’imbarcò con loro per Tarsis, lontano dal Signore.

Preghiera di Giona (Gn 2,1-4)

Ma il Signore dispose che un grosso pesce inghiottisse Giona; Giona restò nel ventre del pesce tre giorni e tre notti. Dal ventre del pesce Giona pregò il Signore, suo Dio, e disse:

«Nella mia angoscia ho invocato il Signore

ed egli mi ha risposto;

dal profondo degli inferi ho gridato

e tu hai ascoltato la mia voce.

Mi hai gettato nell’abisso, nel cuore del mare,

e le correnti mi hanno circondato;

tutti i tuoi flutti e le tue onde

sopra di me sono passati».

Predicazione a Ninive e conversione dei suoi abitanti (Gn 3,1-10)

Fu rivolta a Giona una seconda volta questa parola del Signore: «Àlzati, va’ a Ninive, la grande città, e annuncia loro quanto ti dico». Giona si alzò e andò a Ninive secondo la parola del Signore.

Ninive era una città molto grande, larga tre giornate di cammino. Giona cominciò a percorrere la città per un giorno di cammino e predicava: «Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta».

I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli. Giunta la notizia fino al re di Ninive, egli si alzò dal trono, si tolse il manto, si coprì di sacco e si mise a sedere sulla cenere. Per ordine del re e dei suoi grandi fu poi proclamato a Ninive questo decreto: «Uomini e animali, armenti e greggi non gustino nulla, non pascolino, non bevano acqua. Uomini e animali si coprano di sacco, e Dio sia invocato con tutte le forze; ognuno si converta dalla sua condotta malvagia e dalla violenza che è nelle sue mani. Chi sa che Dio non cambi, si ravveda, deponga il suo ardente sdegno e noi non abbiamo a perire!».

Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si ravvide riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece.

Ira di Giona e misericordia di Dio (Gn 4,1-3)

Ma Giona ne provò grande dispiacere e ne fu sdegnato. Pregò il Signore: «Signore, non era forse questo che dicevo quand’ero nel mio paese? Per questo motivo mi affrettai a fuggire a Tarsis; perché so che tu sei un Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore e che ti ravvedi riguardo al male minacciato. Or dunque, Signore, toglimi la vita, perché meglio è per me morire che vivere!».

• Che risorse pongo in atto per entrare in contatto positivo e reciproco con lo sconosciuto?

Il Signore Gesù ha voluto dar senso alla sua vita nel servizio alla Umana-Unità: “Egli ha fatto diventare un unico popolo i pagani e gli Ebrei; ha demolito quel muro che li separava e li rendeva nemici; ora siamo costruiti insieme con gli altri per essere la casa dove Dio abita” (cf. Ef 2,11 ss).

Il fondo comune

I pavimenti di alcune antiche chiese sono costituiti da disegni, per lo più mosaici, raffiguranti l’albero dell’Umana-Unità o l’albero della vita (vedi la cattedrale di Otranto). Un tronco robusto, radicato nel terreno, che getta in alto i suoi numerosi rami pieni di frutti. Il “fondo comune” è questo tronco attraverso cui passa la vitalità per arrivare ai rami. Partire da ciò che è uguale, conoscerlo, e soprattutto ri-conoscerlo ci pone nella condizione di accogliere ciò di cui già viviamo senza, forse, che ce ne accorgiamo. Questo recupero può essere fatto a partire dal proprio ramo. Soleva dire Gandhi: “se un uomo afferra il nocciolo della propria religione, ha afferrato anche il nocciolo delle altre”.

Nelle religioni c’è una parte di valori essenziali in comune che si esprime con prassi molto simili tra loro. In particolare: la professione di fede, la preghiera, il digiuno, l’elemosina, il pellegrinaggio, tutte opere che tendono alla trasformazione interiore delle persone.

• Quanto di altre religioni vive in me?

L’avvenire appartiene a coloro che saranno capaci di parlare più linguaggi e di entrare in differenti mondi religiosi” (Carlo Molari, teologo).

Finestra aperta

“Voi e io siamo una cosa sola, non posso farvi del male senza ferirmi” (Gandhi).

L’amore verso il prossimo, che il cristianesimo professa come regola aurea di condotta morale (cf. Mt 7,12: “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, fatelo a loro: questa infatti è la legge e i profeti”), fa anche parte del patrimonio dottrinale delle grandi religioni.

Hindūismo: Questa è la somma del dovere: Non fare ad altri ciò che farebbe soffrire te, se rivolto contro di te (Mahābhārata 5.15.17).

Buddismo: Non ferire altri nel modo che tu riterresti doloroso per te (Udanavarga 5.18).

Confucianesimo: Questo è il massimo dell’amorevole gentilezza (jin): “Non fare ad altri ciò che non vorresti che altri facessero a te” (Analects, Rongo, 15.23).

Ebraismo: Ciò che è odioso per te, non farlo al tuo prossimo. Questa è tutta la legge; tutto il resto è il suo commento (Talmud, Shabbat 31 a.).

Islam: Nessuno di voi è un credente finché non ama per il fratello suo ciò che ama anche per se stesso (Le 42 tradizioni di al-Nawawi).

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