Incontro 15 dicembre 2019

Bologna | 31 Dic 2019

Il 15 dicembre ci siamo ritrovati come gruppo LMC di Bologna presso il convento dell’Osservanza per passare una giornata insieme all’interno del cammino di riflessione e discernimento che abbiamo scelto come impegno di fondo per quest’anno.

Presenti: p. Giovanni, Benedetta, Micaela, Antonio, Stefano, Giuliana, Eileen, Chiara.

Desideravamo una giornata in cui a condurci fosse p. Giovanni e così è stato.

Siamo partiti col chiederci: Che cosa sta succedendo al nostro gruppo? Perché ai nostri momenti di incontro mensile la partecipazione è sempre più scarsa? Perché c’è tanta stanchezza, confusione, indecisione, mancanza di nuove idee? Cosa stiamo attraversando?

Abbiamo iniziato con un momento di preghiera, in sintonia con il tempo di Avvento che stiamo vivendo.

L’Avvento ci porta da una parte a ricercare e farci domande (“Come è possibile?” è la domanda di Maria all’annuncio dell’Angelo), ma dall’altra parte ci chiede di metterci in atteggiamento di ascolto, per essere attenti a ciò che sta accadendo.

Dal Salmo 85

Signore, sei stato buono con la tua terra,

hai ricondotto i deportati di Giacobbe.

Hai perdonato l’iniquità del tuo popolo,

hai cancellato tutti i suoi peccati.

Non tornerai tu forse a darci vita,

perché in te gioisca il tuo popolo?

Mostraci, Signore, la tua misericordia

e donaci la tua salvezza.

Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore:

egli annunzia la pace

per il suo popolo, per i suoi fedeli,

per chi ritorna a lui con tutto il cuore.

La sua salvezza è vicina a chi lo teme

e la sua gloria abiterà la nostra terra.

Misericordia e verità s’incontreranno,

giustizia e pace si baceranno.

La verità germoglierà dalla terra

e la giustizia si affaccerà dal cielo.

Quando il Signore elargirà il suo bene,

la nostra terra darà il suo frutto.

Davanti a lui camminerà la giustizia

e sulla via dei suoi passi la salvezza.

Risonanze

Vieni, Signore (David Maria Turoldo)

Vieni di notte,

ma nel nostro cuore è sempre notte:

e, dunque, vieni sempre, Signore.

Vieni in silenzio,

noi non sappiamo più cosa dirci:

e, dunque, vieni sempre, Signore.

Vieni in solitudine,

ma ognuno di noi è sempre più solo:

e, dunque, vieni sempre, Signore.

Vieni, figlio della pace,

noi ignoriamo cosa sia la pace:

e, dunque, vieni sempre, Signore.

Vieni a liberarci,

noi siamo sempre più schiavi:

e, dunque, vieni sempre, Signore.

Vieni a consolarci,

noi siamo sempre più tristi:

e, dunque, vieni sempre, Signore.

Vieni a cercarci,

noi siamo sempre più perduti:

e, dunque, vieni sempre, Signore.

Vieni, Tu che ci ami:

nessuno è in comunione col fratello

se prima non è con Te, o Signore.

Noi siamo lontani, smarriti,

né sappiamo chi siamo, cosa vogliamo:

vieni, Signore,

vieni sempre, Signore.

Preghiere di lode

Maria, donna che sa gioire e che sa esultare, che si lascia invadere dalla consolazione piena dello Spirito Santo, insegnaci a pregare perché possiamo anche noi scoprire la fonte della gioia.

Nella casa di Elisabetta, tua cugina, sentendoti accolta e capita nel tuo intimo segreto, prorompesti nell’inno di esultanza del cuore, parlando di Dio, di te in rapporto a Lui, e della inaudita avventura già avviata di essere madre di Cristo e di noi tutti, popolo santo di Dio.

Insegnaci a dare un ritmo di speranza e fremiti di gioia alle nostre preghiere, a volte logorate da amari piagnistei e intrise di mestizia quasi d’obbligo.

Il Vangelo ci parla di te, Maria, e di Elisabetta: ambedue custodivate nel cuore qualcosa, che non osavate o non volevate manifestare a nessuno.

Ciascuna di voi, però, si sentì compresa dall’altra, quel fatidico giorno della visitazione e aveste parole e preghiera di festa.

Il vostro incontro divenne liturgia di ringraziamento e di lode al vostro ineffabile Dio.

Tu, donna della gioia profonda, cantasti il Magnificat, rapita e stupita di quanto il Signore andava operando nell’umile sua serva.

Magnificat è il grido, l’esplosione della gioia, che scoppia dentro ciascuno di noi, quando si sente accolto e compreso.

Lettura del Vangelo secondo Giovanni (1,35-39)

Il giorno seguente, Giovanni era di nuovo là con due dei suoi discepoli; e fissando lo sguardo su Gesù, che passava, disse: «Ecco l’Agnello di Dio!». I suoi due discepoli, avendolo udito parlare, seguirono Gesù. Gesù, voltatosi, e osservando che lo seguivano, domandò loro: «Che cercate?» Ed essi gli dissero: «Rabbì (che, tradotto, vuol dire Maestro), dove abiti?». Egli rispose loro: «Venite e vedrete». Essi dunque andarono, videro dove abitava e stettero con lui quel giorno. Era circa la decima ora.

Dopo la preghiera abbiamo quindi cominciato la nostra riflessione.

Uno sguardo sulla situazione attuale dei gruppi LMC in Italia mette in evidenza il fatto che non solo noi stiamo attraversando un momento critico, ma che un po’ tutti i gruppi lo stanno vivendo, da chi sta sentendo bisogno di un aiuto, chi trova difficoltà nel rinnovarsi, chi non riesce ad andare avanti…

A cosa possiamo far risalire questi problemi, solamente a noi? O ci sono altri cause?

La nostra riflessione si è sviluppata su due livelli: un primo sguardo sul mondo esterno, per poi dare voce alle problematiche interne al gruppo.

Oggi infatti non possiamo non domandarci cosa stia succedendo a livello mondiale. Quello che accade fuori è uno specchio di ciò che accade anche dentro di noi e il contesto in cui viviamo non può che avere forti ripercussioni anche sull’interno, su di noi, sulle istituzioni, sulla Chiesa, sul sistema…

La società di oggi sembra malata e intrisa di ODIO… il movimento delle “Sardine” partito da Bologna, sia che lo si apprezzi o meno, ha comunque messo in luce che le persone vogliono dire BASTA ma che non hanno nulla da proporre… semplicemente vogliono dire BASTA!

La nostra vita quotidiana oggi è molto più complessa di quella che si viveva anni fa, oggi abbiamo molti più impegni, più burocrazia, più insicurezza, più intrusioni nella nostra vita privata. E abbiamo sempre meno tempo per noi stessi, meno solidarietà sociale, meno…

È per questo che tutti cerchiamo di semplificare, tagliando gli impegni a lunga durata per sopravvivere, pensando così di avere un miglioramento nella nostra vita, che inevitabilmente però non avvertiamo. Quello che decidiamo di tagliare sono in generale le iniziative più rischiose, le scelte più esigenti o che ci mettono davanti e ci ricordano la fragilità della nostra vita o ancora ciò che più scombussola la nostra routine quotidiana. Ma dopo tutti questi tagli la nostra vita non migliora… ci ritroviamo a volte ancora più soli e scontenti.

La nostra società sta offrendo molte false illusioni, “tappabuchi” per le nostre giornate; un esempio sono i social network che ci permettono di fare senza muoversi di casa, incontrarci virtualmente senza organizzarci. In realtà più siamo connessi, più ci ritroviamo soli.

D’altro canto chi scommette su proposte alternative per lo più non trova adesioni.

Prendendo coscienza di tutto ciò, quello che è necessario fare è “riposizionarsi”… fare scelte contro corrente (alcuni esempi che già qualcuno di noi porta avanti: no TV, no cellulare, no social…) pur sapendo che questo ci metterà il resto del mondo contro.

Smettere di impegnarsi, di credere nelle nostre lotte significa rimanere soffocati, morire un po’ alla volta. Il sistema economico oggi travolge tutto e soprattutto soffoca chi tenta di resistere, soffoca il piccolo che tenta di andare su strade alternative.

Per quanto riguarda la questione ecclesiale, che ci riguarda più da vicino, oggi stiamo vivendo un tempo di grazia, sull’onda delle novità apportate dal nostro papa Francesco. Purtroppo però all’interno della Chiesa questo vento di novità porta divisione e spaccature tra cattolici conservatori e cattolici che sentono l’esigenza di un rinnovamento. Ce ne siamo accorti ancora di più con il Sinodo sull’Amazzonia voluto dal papa. Papa Francesco sta offrendo alternative ad un sistema che, oggi come oggi, non ha più senso di esistere.

La Chiesa di papa Francesco è una Chiesa che dialoga col mondo, che si mette al servizio, che non è al centro del mondo, ma che ruota attorno al mondo.

Lo stesso problema si vive a livello diocesano: anche a Bologna i cambiamenti che il nostro vescovo Zuppi vorrebbe apportare richiederanno tempi lunghissimi, perché trova forti resistenze all’interno della Diocesi stessa (come ad esempio le Unità pastorali).

E noi? Non possiamo certo starcene a guardare da fuori, dobbiamo perciò chiederci come porci all’interno della Chiesa. Dobbiamo trovare strade alternative, essere un gruppo che offra alternative, dove vivere la fede in modo coerente al Vangelo. Per far questo è importante stringere alleanze con i piccoli gruppi che ci camminano a fianco.

Non è solo la Chiesa che sta cambiando, ma anche il mondo missionario. Un tempo il missionario era colui che portava civiltà, fede, conversioni, nuove condizioni di vita. Questa era la missione coloniale, ma qualcuno è ancora impostato così. Oggi la missione non può più offrire questo, non può più essere così! Oggi è missionario chi cammina al fianco dei fratelli e chi vive in Europa è missionario forse ancora più di chi parte!

Anche all’interno dei Comboniani occorre questo cambio di rotta, altrimenti si andrà incontro a grandi frustrazioni se non al fallimento, occorre un rinnovamento o saremo spazzati via… un primo segno di questo è che oggi non abbiamo giovani in formazione in Italia che chiedono di diventare Comboniani.

Il nostro gruppo quindi deve confrontarsi maggiormente con questa realtà complessa.

Condivisioni

Dopo le condivisioni che ci hanno fatto capire quanto per ognuno di noi questo gruppo sia importante abbiamo proseguito con la lettura del Vangelo di Marco (10,17-22).

Mentre usciva per mettersi in viaggio, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi». Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni.

Quell’uomo non ha un nome, è un tale di cui sappiamo solo che è molto ricco. Per tutti è semplicemente il giovane ricco. Nel Vangelo altri ricchi hanno incontrato Gesù: Zaccheo, Levi, Lazzaro, ma hanno un nome; qui la sua identità è associata alla sua ricchezza. Però appare una persona che cerca con sincerità e slancio; e cerca qualcuno, un maestro, perché lo aiuti nella sua ricerca di senso. Ha tutto ma non è contento.

Gesù non gli risponde in modo meccanico, ma gli pone a sua volta un’altra domanda. Apre un varco per entrare nella vita della persona che ha davanti e cerca di indirizzarlo nel cammino.

Prima di presentare la lista dei comandamenti da osservare, Gesù presenta la bontà di Dio, di fronte a questa bontà ben poca cosa sono le nostre azioni, l’osservanza delle leggi.

È una precisazione importante: solo Dio è buono. Non lo sono i nostri valori, non lo sono i nostri gesti, non lo siamo noi. Soltanto Dio può rivendicare per sé questa bontà. Solo riconoscendo questa bontà che ci precede riusciamo anche a impegnarci eticamente e con successo: i comandamenti non sono più uno sforzo.

Il buono è diverso dal fare. È il bene che orienta il fare. Gesù gli prospetta qualcosa che va oltre il fare. Solo a partire dalla bontà di Dio, si possono affrontare scelte coraggiose!

Notiamo che Gesù non gli ricorda i primi 3 comandamenti (che sono quelli riguardanti il rapporto dell’uomo con Dio), ciò perché per trovare il Dio giusto è necessario compiere un percorso a partire dagli altri comandamenti incentrati sul nostro rapporto con l’altro. Un aspetto interessante riguarda il fatto che i comandamenti elencati non seguono l’ordine usuale: ad esempio, il 4° comandamento, onora il padre e la madre, viene per ultimo. Ciò vuol dire che non dobbiamo fare le cose secondo obbedienza ai genitori, ma scoprire il bene in prima persona. E anche il “non uccidere” posso leggerlo come lasciare vivere l’altro dentro di me, dandogli il giusto spazio e lavorandoci perché le fragilità dell’altro entrino dentro di me. A volte i nostri atteggiamenti comportano un attentato alla vita dell’altro, nel nostro rapporto con l’altro capita di fare confusione. Invece è necessario dare un ordine agli affetti e alle sensibilità, costruendo rapporti sani in modo da dare prevalenza ai valori del cuore. Si tratta di imparare ad amare senza essere consumati, acquistare energia quando facciamo qualcosa per gli altri.

Versetto 21: è il punto centrale. La trasformazione di ciò che si ha in bene da condividere e donare all’altro può diventare un tesoro nei cieli, mentre l’attaccamento ai propri beni ostacola la nostra felicità. Si tratta di giocarsi e perdersi a favore degli altri; vuol dire vendere e regalare ciò che teniamo per noi stessi in termini di tempo, energie, interessi per donarlo agli altri. Non si tratta di diventare tutti come san Francesco, ma lasciare qualcosa che si ha e mettere al suo posto i poveri: solo così la vita guadagna in qualità. Dobbiamo sempre chiederci se le cose che facciamo sono perché vogliamo davvero che gli altri entrino nella nostra vita o per altro. Peccato non è diventare ricchi, ma arricchire da soli, per se stessi! E le ricchezze non sono solo i soldi, ma la salute, il tempo, le amicizie, la gioia, la fede, Dio…

La tristezza del giovane: il giovane cercava una ricetta che fosse risposta automatica alla sua domanda; ma davanti alla proposta di Gesù, che non è scontata, se ne va triste. Non ci sono due Vangeli: uno per le persone comuni e uno per i religiosi; ce n’è uno uguale per tutti, ognuno nello stato in cui si trova.

In conclusione, la vita cristiana è un’esaltazione dell’umanità, umanità che diventa divina attraverso Dio che diventa umano, di carne. L’uomo può gustare la vita eterna qui sulla terra quando ama pienamente: l’amore vissuto pienamente è un momento di eternità. La conversione non è cambiare le cose che si fanno, ma cambiare il modo di vederle; anche per avere un’altra visione di Dio che non diventa più il Dio che limita, castiga e punisce ma il Dio buono, il Dio giusto che guida i nostri passi.

Il nostro incontro si è infine concluso con la celebrazione della Santa Messa.

Un grazie di cuore va a padre Giovanni per questa giornata che ci ha dedicato e per il tempo che sempre ci ha dedicato in questi anni… la sua espressione incredula, quando ci ha presentato il suo schema per la giornata di oggi, dicendo “Ho fatto tutto io…!!!” non si legge tra le righe… ma è molto significativa del suo modo di accompagnarci… in questi anni si è sempre fatto da parte lasciando che fossimo noi a guidare ogni incontro, ogni momento importante, ogni riunione, ogni attività… dandoci forza con la sola sua presenza rassicurante (non è mai mancato ad un incontro!), facendoci sempre sentire a casa nostra nella famiglia comboniana, ascoltandoci e guidandoci senza mai limitare la libertà delle nostre scelte.

Il nostro cammino di discernimento comunitario proseguirà nel 2020, il prossimo appuntamento si sarà il 2 febbraio.

Auguri a tutti di un buon anno nuovo!

Benedetta e Eileen

Un cuore missionario […] deve crescere nella comprensione del Vangelo e nel discernimento dei sentieri dello Spirito, e allora non rinuncia al bene possibile, benché corra il rischio di sporcarsi con il fango della strada (EG 45).

One thought on “Incontro 15 dicembre 2019”

  1. Le difficoltà che incontra l’attuale papa all’interno della stessa Chiesa non sono affatto una novità.
    Evidentemente siete giovani, non sapete quanto fu detto verso Giovanni XXIII e Pio XII?
    Quindi non vi scoraggiate; guardate, osservate, valutate, guai a non farlo, ma sempre SURSUM CORDA e AD MAIOREM DEI GLORIAM.

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