Convegno dei laici comboniani – Pesaro, 17-20 luglio 2003


LA SANTITÀ DI DANIELE COMBONI

Il convegno dei laici missionari comboniani che si è tenuto a Pesaro dal 17 al 20 luglio 2003 ha fornito, con le riflessioni dei relatori, numerose indicazioni di impegno per seguire l’esempio di Daniele Comboni nel suo cammino di santità e adesione al disegno di Dio, cammino di liberazione dalla parte dei poveri.

I padri Teresino Serra, Alex Zanotelli, Raffaello Savoia, Ottavio Raimondo, Giacomo Palagi, e suor Elisa Kidané hanno approfondito vari aspetti di impegno comboniano.

TERESINO SERRA

Padre Teresino Serra ha proposto una riflessione sulla missione di Comboni come Mosè dell’Africa. Prima di Mosè la Bibbia propone l’immagine di un Dio missionario, un Dio che non può fare a meno di amare il suo popolo. Dio vede, ascolta i lamenti del popolo, e quindi agisce, inviando Mosè. È l’amore che muove Dio (Es 3,7-8).

Il secondo quadro è la storia di Mosè. La Bibbia ci mostra un cammino, da un Mosè isolato e “faraonizzato”, al fuggiasco che scopre Dio nel roveto ardente e quindi si presta a servire il popolo di Dio, abitando con chi soffre, condividendo e sacrificando la sua vita.

Dio ha quindi inviato suo figlio come missionario (Lc 4,18-19) ad annunciare la Buona notizia per i poveri. Gesù non porta cose ai poveri, ma sta con i poveri. Cristo sta con quelli che nessuno ascolta, con quelli che non vedono la verità. Dio lo ha inviato a “dare la vista ai ciechi”; cieco è chi non vede la verità.

Gesù purifica il tempio (Mt 21,12-13): il Tempio di Dio è riconsacrato dalla presenza dei poveri nella sua Chiesa.

La Comunità dei laici si fonda sulla spiritualità missionaria di Cristo. È il Cristo che ha dato tutto se stesso. Dobbiamo porre al centro della nostra spiritualità il Cristo scomodo, che interroga e disturba. Il laico comboniano non deve essere innamorato dei comboniani ma di questo Gesù difficile, che dà senso alla comunità.

È la Vite che dà vita ai tralci. Ricordiamo l’immagine di un albero, con radici, tronco, rami e frutti. Ognuno ha un peso importante nella famiglia comboniana, ma i frutti si producono solo insieme a Cristo. Ciascuno può trovare il senso della sua missione, purché vissuta insieme a Cristo. Con attenzione ai fratelli (Ef 4,1-32) e dalla parte di Lazzaro (Lc 16,19-31). Dio sta col povero Lazzaro.

È questa anche l’eredità di Comboni. Al centro della spiritualità che ha mosso la sua azione sta la contemplazione del Cristo, che ci parla attraverso i “crocifissi del tempo”. La vocazione dei comboniani è stare dalla parte dei crocifissi del tempo.

Il secondo amore di Comboni è per la Chiesa, per una comunità amata come sposa e madre, ma aperta a spendere l’amore di Dio per le terre saccheggiate e dimenticate.

La terza caratteristica di Comboni è stata una fedeltà alla vocazione. Una consacrazione vissuta senza mai tornare indietro, nonostante le difficoltà. Una vocazione che va vissuta con la consapevolezza che ciascuno di noi è una pietra nascosta, che è parte dell’edificio della missione. Siate lievito, sale, granello di senape, pietra angolare.

La quarta caratteristica comboniana è una missione vissuta per i più deboli, soli e dimenticati.

La quinta caratteristica: una missione vissuta nel Cenacolo. Tutte le persone che amano la missione sono il Cenacolo per Comboni, che diceva: “Se avessi mille vite, le donerei tutte per la missione”. Ciascuno di noi deve diventare una di quelle mille vite che ha desiderato avere Comboni.

La sesta caratteristica comboniana è un amore per l’Africa come terra dimenticata da tutti. Da allora ad oggi poco è cambiato per l’Africa, ancora saccheggiata da tutti. Il carisma comboniano è amore per questa Africa.

Indispensabile, tra le virtù comboniane, è quella della perseveranza, perché in questo cammino incontreremo tanti ostacoli. “Ho avuto 1000 volte la tentazione di lasciare tutto” scriveva Comboni. Solo la perseveranza ha salvato la sua missione.

L’animazione missionaria consiste nell’essere una di quelle 100 lingue che ha desiderato avere Comboni per contagiare altri con il suo spirito missionario. Comboni parlava continuamente della missione e cercava persone che in Europa potessero essere di beneficio per i neri. Dobbiamo cercare in tutti i modi di fare amare l’Africa dimenticata.

ALEX ZANOTELLI

La meditazione di padre Alex Zanotelli è partita dal libro dell’Apocalisse. È un libro scritto nel primo secolo dopo Cristo da un profeta per aiutare le piccole comunità cristiane a resistere all’impero, e rimanere alternative al sistema di potere. Il libro si chiede chi possa combattere la “Bestia” dell’impero romano. Solo chi si affida a Dio potrà vincere la Bestia.

Anche noi oggi viviamo in un mondo dominato dal potere dell’impero. Dobbiamo chiederci cosa significa oggi, per un gruppo di laici comboniani, “fare missione”.

Noi siamo obbligati a leggere l’impero dalla parte dei poveri. Un impero che crea tanta sofferenza, milioni di morti, in Congo, in Kenya, in Sudan, ovunque il potere del denaro abbia interessi ad opprimere i popoli. Ci sono oggi 17 guerre in Africa e 40 conflitti nel mondo. L’impero del denaro è un problema che va al di là dell’economia.

Si regge sul terrorismo delle armi ma il suo cuore è la finanza. Un sistema finanziario basato sull’inganno e che sovrasta gli Stati. In conseguenza di questo ogni anno 40 milioni di poveri muoiono di fame: è la logica di questo sistema, che genera ricchezza per pochi e morte per milioni di persone.

Cosa significa in questo contesto fare missione?

Come possiamo annunciare la buona novella di un Dio che libera i poveri, quando noi stessi siamo nati prigionieri di questo sistema che genera ingiustizia, ricchezza per pochi e morte per il resto dell’umanità?

Finché il Nord non si convertirà non cambierà nulla per i poveri del Sud. È importante riconoscere che viviamo in un sistema sociale che genera ingiustizia. La missione del laico comboniano non può ignorare la verità, partendo dal cuore del sistema, per combattere l’ingiustizia su cui si fonda l’impero.

Siamo chiamati a cambiare la direzione di marcia, a tradurre la nostra fede in comportamenti sociali.

Tutto ciò è possibile solo impegnandoci perché crescano piccole comunità di resistenza, dove la lettura della Parola stimoli i gruppi a testimoniare la conversione con nuovi stili di vita. Comunità che si specializzino su un tema, secondo il carisma di ciascuno; perché i problemi del mondo sono tanti e non possiamo correre dietro a tutto.

La Chiesa è chiamata alla profezia, “mangiando il rotolo della Parola”, ad essere il termostato e la coscienza critica della società.

RAFFAELLO SAVOIA

Padre Savoia ha ricordato i laici in missione o che si stanno preparando per la partenza. Daniele e Silvia a Beira in Mozambico, Mario e Alessia con la piccola Teresa, tornati a casa dopo un tentativo concluso da una malattia della bambina in Uganda, Simona e Gaetano con la figlioletta Maria Chiara, che stanno valutando un’esperienza in ambito sanitario in Zambia, Annarita Centonze in Angola dal 1998, Carmela e Christophe, con il loro figlioletto, in Benin.

Padre Savoia ha lanciato l’idea di una casa di accoglienza, dove poter svolgere momenti di animazione per chi rientra o chi parte. C’è bisogno di maggiore informazione tra i laici, utilizzando la pagina mensile di Azione Missionaria, oppure inviando un bollettino di informazione ogni due mesi.

C’è pure bisogno di formazione: si potrebbe pensare a due tipi di corsi, uno di base e uno di orientamento comunitario. Bisogna ricercare maggiore omogeneità sui contenuti formativi e criteri comuni di selezione per i partenti.

OTTAVIO RAIMONDO

Il direttore della Emi e presidente della Fesmi padre Raimondo ha sottolineato il grande pericolo dell’individualismo nell’animazione missionaria. La caratteristica principale di un animatore comboniano è invece la capacità di coinvolgere gli altri, la comunità in cui opera. Bisogna valorizzare la stampa e i libri missionari trovando nuovi spazi per la missione, che deve raggiungere tutti utilizzando anche i mezzi più moderni o insoliti, da internet alle Feste dell’Unità. L’importante è che l’animatore missionario sia presente sul territorio, vivendo la testimonianza missionaria nella sua comunità.

ELISA KIDANÉ

Suor Elisa Kidané, redattrice di Raggio, ha tratteggiato la figura della suora missionaria che Comboni chiedeva per l’Africa. Donne sante e capaci, capaci di trattare con tutti, dai pascià ai contadini, capaci di far causa comune con la propria gente. Sono le caratteristiche femminili della tenerezza, capacità di dialogo, predisposizione alla promozione della vita a far dire a Comboni che senza le suore non era possibile portare avanti un’opera efficace in missione. La missionaria, come il laico, secondo il pensiero di Comboni, non è un elemento complementare al sacerdote missionario, ma un elemento essenziale.

Sottolineando alcune difficoltà attuali delle suore comboniane a collaborare con i laici, suor Elisa ha ricordato che Comboni pensava ad una collaborazione al di fuori degli schemi. “Noi abbiamo troppi progetti – ha detto suor Kidané – mentre Daniele Comboni aveva solo l’Africa nel cuore. Dobbiamo imparare a rischiare, pensando anche a comunità di suore e laici, impegnati insieme ad annunciare la Buona Notizia, in un rapporto di reciprocità e nel rispetto dei vari carismi”.

Le riviste missionarie devono servire ad aiutare a cambiare mentalità verso la missione. In particolare la rivista Raggio ed il sito Femmis servono a portare la voce femminile nella missione, per un’informazione “equa e solidale”.

GIACOMO PALAGI

Padre Giacomo Palagi ha parlato della sua esperienza di 30 anni di missione in Mozambico. Soprattutto durante gli anni difficili della guerra, in Mozambico sono stati i laici a fare compiere un grande cammino comboniano alle missioni. Sono stati i laici ad essere protagonisti, nella persecuzione, di un nuovo modo di essere Chiesa. Quella mozambicana è stata una Chiesa che nel dolore ha scoperto il metodo di camminare insieme, laici e religiosi, condividendo la paura e la morte. “In quei momenti tragici ma belli – ha ricordato padre Giacomo – abbiamo ritrovato il senso della fedeltà alla missione. Siamo stati rifugiati con loro, abbiamo programmato le nostre attività grazie ai laici, abbiamo fatto comunità con loro”. Oggi il laicato mozambicano è una Chiesa viva, anche se la Chiesa mozambicana, avendo dopo la guerra recuperato le sue ricchezze, ha perso lo slancio profetico dei giorni della persecuzione.

CONCLUSIONI

Domenica 20 luglio il coordinatore dei laici comboniani, Piero Grillo, ha consegnato al padre provinciale Francesco Antonini la bozza del documento “Testimoni del Vangelo al servizio del mondo”. È il frutto della riflessione del gruppo di coordinamento sull’attività dei laici comboniani, che sarà divulgato ed arricchito dalla riflessione dei gruppi locali.

Padre Antonini ha parlato della strada che i laici comboniani devono compiere per meglio comprendere il loro carisma comboniano.

Cosa ci fa riconoscere come famiglia comboniana?

Il padre provinciale ha sottolineato tre punti irrinunciabili:

1) Riconoscere in Daniele Comboni il nostro maestro di fede nel rispondere alla chiamata di Cristo. Da qui la necessità di leggere ed approfondire l’esperienza missionaria dei comboniani.

2) La passione per l’evangelizzazione e per l’annuncio; anche senza partire, come ci ha insegnato Santa Teresa.

3) Attenzione a tutte le forme di schiavitù, ai più abbandonati, ai crocifissi della storia.

Partendo da questi elementi comuni, i laici devono trovare i loro spazi di diversificazione; restando laici, non facendo i “piccoli religiosi”, ma coprendo gli spazi che i sacerdoti non possono coprire, dove i missionari non possono arrivare.

La formazione deve accompagnare l’impegno. E per la formazione si possono stimolare i padri a livello locale. “Sono convinto – ha concluso padre Antonini – che i laici possono fare di più, coinvolgendo altre persone nell’impegno di attenzione verso i più poveri. Imitando anche in questo l’opera di Daniele Comboni”.

Nelle conclusioni Piero Grillo ha ricordato il titolo del documento dei laici: “Il titolo è bello, ora dobbiamo viverlo. Sarà nostro compito, in questo anno che si apre con la canonizzazione di Comboni, fare crescere tante piccole comunità di laici comboniani, comunità di resistenza alle seduzioni dell’impero”.

Pino Murgioni

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