Risonanze su iniziative nel territorio locale

Bari | 04 Dic 2018

Organizzati da alcuni uffici di curia dell’Arcidiocesi Bari-Bitonto, si sono tenuti nel mese di novembre due incontri sul tema “immigrazione”, a cui hanno partecipato alcuni componenti del gruppo LMC di Bari.
“Nessuno è straniero (?). Migrazioni e integrazioni” è stato il titolo dell’incontro organizzato dalla Caritas, con testimonianza dell’avvocato Tommaso Salvatore, operatore della Caritas di Otranto (LE), il quale si è soffermato su alcuni aspetti che dovrebbero contraddistinguere chi opera con i migranti: conoscenza, memoria, empatia, umanità, coraggio, umiltà.
La conoscenza richiede di non fermarsi alle informazioni della TV e dei social network: un sussidio informativo molto utile da leggere è l’annuale Rapporto Immigrazione Caritas-Migrantes, che non ha finalità statistiche, ma di riflessione. La memoria comporta ricordarsi che l’Italia è stato in passato ed è tuttora paese di emigrazione. L’empatia significa condividere la vita degli altri: emblematico a tal proposito è stato per la diocesi di appartenenza del relatore l’adesione al progetto della Caritas nazionale “ProTetto: Rifugiato a casa mia”. L’umanità richiede di non dimenticarsi mai di avere di fronte delle persone cui sono riconosciuti i diritti fondamentali dell’essere umano, per cui è necessario trattare gli immigrati nel rispetto della loro dignità di essere vivente e – per noi credenti – di figli e figlie di Dio. Il coraggio comporta da un lato non scaricare sugli altri la responsabilità di offrire risposte di aiuto ove in realtà si sia già nelle condizioni di fornirle; dall’altro lato comporta metterci la faccia con chi si scaglia a priori contro gli immigrati, superando “la tentazione di essere cristiani mantenendo una prudente distanza dalle piaghe del Signore” (papa Francesco, Evangelii Gaudium, 270). Infine l’umiltà significa non sentirsi mai dei supereroi in grado di risolvere i problemi da soli, bensì fare rete con altri, singoli e associati.
“Le forti contraddizioni del diritto di asilo in Europa e in Italia: da diritto da promuovere a diritto da limitare” è stato invece il titolo dell’incontro organizzato dalla Migrantes, con testimonianza della antropologa Mariacristina Molfetta, operatrice Migrantes di Torino, la quale si è soffermata sulla disinformazione dei mezzi di comunicazione e sulla mancata programmazione e implementazione di adeguate politiche di accoglienza e inclusione.
I mass media italiani ci presentano quella in atto come una invasione di massa, quando in realtà nel 2015 hanno presentato domanda di asilo nei paesi dell’U.E. solo 1.400.000 di persone a fronte di una popolazione U.E. di circa 500.000.000 di persone: una media di 2,75 domande di asilo ogni 1000 abitanti (in Italia il rapporto è di 1,36 a 1000). Il 95% dei rifugiati cerca di restare nel primo paese sicuro più vicino a quello da cui fuggono, dove possono trovare un’affinità linguistica e religiosa; solo dopo 7-8 anni, appurata l’impossibilità di rientrare nel paese di origine, i rifugiati si dirigono in paesi più lontani dove costruirsi un futuro più stabile. La Convenzione di Ginevra prevede che i profughi abbiano diritto di asilo nei paesi firmatari: molti paesi europei sottoscrittori hanno disatteso a questo impegno. L’Italia, che ha sottoscritto l’accordo nel 1954, ha attivato un piano di accoglienza solo a partire dal 2001, mentre ha avviato un programma di integrazione solo nel 2017, ma senza risorse: il nostro paese ha sempre preferito la logica della gestione dell’emergenza, che inevitabilmente ha avuto delle ripercussioni anche sul piano della trasparenza. Esisterebbero delle modalità sicure di ingresso nei paesi sottoscrittori della Convenzione, che eviterebbero il traffico di essere umani: attingere dagli elenchi annuali – stilati dall’UNHCR – delle persone più deboli (bambini, anziani, ammalati) presenti nei campi profughi e il rilascio di visti tramite le ambasciate. La relatrice ha concluso il suo intervento evidenziando che quando c’è un grande consenso, non è detto che la maggioranza abbia ragione, soprattutto se il consenso punta alla discriminazione di qualcuno (vedi leggi razziali nel 1938).
Quelli tenutesi sono stati due incontri che hanno contribuito a quella missione di “informazione critica” che dovrebbe sempre più animare la Chiesa italiana.

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