News da Caterina

Progetti nel mondo | 27 Feb 2010

Lira, 24 febbraio 2010

Ciao,
dopo 7 mesi di permanenza in Uganda posso cominciare a dire qualcosa… Dopo un primo periodo abbastanza movimentato e di adattamento adesso mi sto quasi sentendo a casa. Sto lavorando nel reparto di medicina dell’ospedale Pope John XXIII di Aber, nella Diocesi di Lira, ospedale diocesano diretto da mons. Franzelli Giuseppe, comboniano bresciano. Purtroppo dove abito non ci sono comunità di comboniani/e, anche se si respira il Comboni dappertutto, come in tutto il nord dell’Uganda, perché il passato come il presente sono stati e sono segnati fortemente dalla presenza dei comboniani.
In ospedale il contatto quotidiano con la morte è pesante, ci si sente spesso impotenti. Ci si arrabbia anche contro il mondo occidentale, che non solo è impassibile, ma è la causa di questa nuova e più subdola schiavitù.
Io sono arrivata in un momento di pace per l’Uganda. La gente adesso si può muovere e vivere senza il terrore di subire violenze. In realtà sono stati fatti più tentativi per l’accordo di pace tra il governo ugandese e i ribelli, accordo che non è mai stato firmato, anche se Kony e il suo esercito di ribelli hanno abbandonato l’Uganda nel 2006, dopo 20 anni di rappresaglie continue, che hanno prostrato gli ugandesi. Adesso dei numerosi campi profughi sorti durante la guerriglia si possono vedere solo i resti, la gente ha ricominciato a vivere, a piantare, raccogliere… Kony è un acholi, io vivo tra i lango (più a sud), che sono pure stati coinvolti, come altre tribù del nord dell’Uganda. Usciti dall’Uganda, i ribelli guidati da Kony hanno continuato a far disastri in Sudan ed attualmente in Congo. Tutti i giorni ci giungono notizie delle loro folli violenze. In realtà penso che non ci sia né ci sia mai stata la volontà politica di fermare questo piccolo gruppo di ribelli. Probabilmente, come mi è stato detto da un giornalista, fanno comodo a qualcuno. Prima al governo ugandese, che riceveva dagli U.S.A. aiuti anti-terrorismo, adesso non so a chi. So solo che la sofferenza che ne deriva è, e sarà, incolmabile.
Ho anche una bella notizia: da novembre sta vivendo con me Maria Angela, una bambina nata prematura e abbandonata nell’ospedale dopo la morte della mamma. Il papà non l’ha voluta. Adesso ha quasi sei mesi e ho deciso di tenerla in affido. Anche la baby-sitter, Brenda, è orfana e vive con noi. Qui gli orfani e gli orfanotrofi sono molti: l’AIDS e la guerriglia hanno abbassato l’età media degli ugandesi e lasciato tanti bambini senza genitori. Secondo le stime governative la prevalenza dell’infezione da HIV è del 6%, ma stando a quello che vedo nel mio piccolo è molto più alta. Tanta gente arriva in ospedale perché non sta bene e non sa ancora di essere sieropositiva.
Quello che vi chiedo è di ricordarmi nella preghiera.

Un caro saluto a tutti voi e a padre Enea

Caterina Fausti

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