Incontro 1 giugno 2019

Bari | 26 Giu 2019

Religiosi e laici, insieme nella stessa “famiglia carismatica”

Preghiera
(Invocazione allo Spirito Santo – don Tonino Bello)

Spirito di Dio, che agli inizi della creazione ti libravi sugli abissi dell’universo e trasformavi in sorriso di bellezza il grande sbadiglio delle cose, scendi ancora sulla terra e donale il brivido dei cominciamenti.
Questo mondo che invecchia, sfioralo con l’ala della tua gloria. Dissipa le sue rughe. Fascia le ferite che l’egoismo sfrenato degli uomini ha tracciato sulla sua pelle. Mitiga con l’olio della tenerezza le arsure della sua crosta. Restituiscigli il manto dell’antico splendore, che le nostre violenze gli hanno strappato, e riversa sulle sue carni inaridite anfore di profumi.
Permea tutte le cose, e possiedine il cuore. Facci percepire la tua dolente presenza nel gemito delle foreste divelte, nell’urlo dei mari inquinati, nel pianto dei torrenti inariditi, nella viscida desolazione delle spiagge di bitume. Restituiscici al gaudio dei primordi. Riversati senza misura su tutte le nostre afflizioni. Librati ancora sul nostro vecchio mondo in pericolo. E il deserto, finalmente, ridiventerà giardino, e nel giardino fiorirà l’albero della giustizia, e frutto della giustizia sarà la pace.
Spirito Santo, che riempivi di luce i profeti e accendevi parole di fuoco sulla loro bocca, torna a parlarci con accenti di speranza. Frantuma la corazza della nostra assuefazione all’esilio. Ridestaci nel cuore nostalgie di patrie perdute. Dissipa le nostre paure. Scuotici dall’omertà. Liberaci dalla tristezza di non saperci più indignare per i soprusi consumati sui poveri. E preservaci dalla tragedia di dover riconoscere che le prime officine della violenza e della ingiustizia sono ospitate dai nostri cuori.
Spirito di Pentecoste, ridestaci all’antico mandato di profeti. Dissigilla le nostre labbra, contratte dalle prudenze carnali. Introduci nelle nostre vene il rigetto per ogni nostro compromesso. E donaci la nausea di lusingare i detentori del potere per trarne vantaggio. Trattienici dalle ambiguità. Facci la grazia del voltastomaco per i nostri peccati. Poni il tuo marchio di origine controllata sulle nostre testimonianze. E facci aborrire le parole, quando esse non trovano puntuale verifica nei fatti. Spalanca i cancelletti dei nostri cenacoli. Aiutaci a vedere i riverberi delle tue fiamme nei processi di purificazione che avvengono in tutti gli angoli della terra. Aprici a fiducie ecumeniche. E in ogni uomo di buona volontà facci scorgere le orme del tuo passaggio.
Spirito di Dio, fa’ della tua Chiesa un roveto che arde di amore per gli ultimi. Alimentane il fuoco col tuo olio, perché l’olio brucia anche. Da’ alla tua Chiesa tenerezza e coraggio. Lacrime e sorrisi. Rendila spiaggia dolcissima per chi è solo e triste e povero. Disperdi la cenere dei suoi peccati. Fa’ un rogo delle sue cupidigie. E quando, delusa dei suoi amanti, tornerà stanca e pentita a te, coperta di fango e di polvere dopo tanto camminare, credile se ti chiede perdono.
Non la rimproverare. Ma ungi teneramente le membra di questa sposa di Cristo con le fragranze del tuo profumo e con l’olio di letizia. E poi introducila, divenuta bellissima senza macchie e senza rughe, all’incontro con lui perché possa guardarlo negli occhi senza arrossire, e possa dirgli finalmente: Sposo mio.

Catechesi
Religiosi e laici insieme nella stessa “famiglia carismatica”
(tratta da una riflessione di p. Fabio Ciardi, tenuta al UMCG a Roma il 6 novembre 2015)

Il 2015 è stato l’anno della vita consacrata. Il papa ha scritto una lettera ai consacrati.
In questa lettera il papa parla anche dei rapporti con i laici che condividono il carisma degli Istituti religiosi. Il papa a questo proposito parla di “famiglie carismatiche”.
Ascoltiamo quello che dice papa Francesco:

Con questa mia lettera, oltre che alle persone consacrate, mi rivolgo ai laici che, con esse, condividono ideali, spirito, missione. Alcuni Istituti religiosi hanno un’antica tradizione al riguardo, altri un’esperienza più recente. Di fatto attorno ad ogni famiglia religiosa […] è presente una famiglia più grande, la “famiglia carismatica”, che comprende […] soprattutto cristiani laici che si sentono chiamati, proprio nella loro condizione laicale, a partecipare della stessa realtà carismatica.

E aggiunge:

Incoraggio anche voi, laici, a vivere quest’Anno della Vita Consacrata come una grazia che può rendervi più consapevoli del dono ricevuto. Celebratelo con tutta la “famiglia”, per crescere e rispondere insieme alle chiamate dello Spirito nella società odierna.

Il documento “Vita Consecrata”

Nell’Esortazione Apostolica Vita Consecrata, rispondendo alla domanda sul rapporto tra consacrazione battesimale e quella “religiosa”, Giovanni Paolo II scrive:

«Tutti i fedeli, in virtù della loro rigenerazione in Cristo, condividono una comune dignità; tutti sono chiamati alla santità; tutti cooperano all’edificazione dell’unico Corpo di Cristo, ciascuno secondo la propria vocazione e il dono ricevuto dallo Spirito».

Ne sono nati nuovi rapporti, per cui «le vocazioni alla vita laicale, al ministero ordinato e alla vita consacrata […] sono al servizio l’una dell’altra, per la crescita del Corpo di Cristo nella storia e per la sua missione nel mondo» (n. 30).

Il documento “Ripartire da Cristo”

Questo documento prende atto che «si sta instaurando un nuovo tipo di comunione e di collaborazione all’interno delle diverse vocazioni e stati di vita, soprattutto tra i consacrati e i laici». E indica alcune linee concrete quando dice che:

«Gli Istituti impegnati sul versante dell’apostolato possono coinvolgerli in forme di collaborazione pastorale» (n. 31).

Questo è quello che ci dicono alcuni documenti circa la collaborazione tra laici e consacrati e la partecipazione dei laici al carisma dell’uno o dell’altro Istituto religioso.

I laici nell’ambito degli Istituti di vita consacrata

Questa visione ecclesiologica ha aperto la strada ad un rapporto nuovo di comunione tra consacrati e laici.

Nella vita ecclesiale ci sono laici che chiedono di condividere con gli Istituti religiosi la loro spiritualità e missione, animati dal carisma del Fondatore.

Secondo l’Esortazione apostolica Vita consecrata questa esperienza di comunione non è soltanto l’occasione per una migliore attuazione del lavoro apostolico e pastorale, ma l’occasione per una autentica e positiva fecondazione reciproca.

Una fecondazione reciproca

I laici, condividendo i valori fondamentali del carisma,

«saranno introdotti all’esperienza diretta dello spirito dei consigli evangelici, e saranno così incoraggiati a vivere e a testimoniare lo spirito delle beatitudini, in vista della trasformazione del mondo secondo il cuore di Dio» (n. 55).

I consacrati, da parte loro, saranno portati ad approfondire, grazie al contributo dei laici, alcuni aspetti del loro carisma. Un carisma non è statico, ha una sua forza interna che costantemente si sviluppa e in determinate condizione emergono suoi aspetti inediti.

La comunione con il laicato come prospettiva

Il carisma spirituale e apostolico è considerato dono alla Chiesa di cui la Congregazione che lo incarna è responsabile ma non proprietaria, e dunque si riconosce che anche dei laici possano farlo proprio a seconda del loro stato di vita.

«Oggi si riscopre sempre più il fatto che i carismi dei fondatori e delle fondatrici, essendo stati suscitati dallo Spirito per il bene di tutti, devono essere di nuovo ricollocati al centro stesso della Chiesa, aperti alla comunione e alla partecipazione di tutti i membri del popolo di Dio» (RdC 31).

È soprattutto la spiritualità ad attirare questi laici ad associarsi attorno a Istituti religiosi, per ricevere “un supplemento d’anima” nel loro impegno cristiano e sociale.

Infatti non ci si incontra soltanto per fare qualcosa a profitto dei giovani o dei poveri, ma si condivide in qualche modo la visione, le motivazioni, la spiritualità, la vita. Il laico non solo sostiene la missione, l’opera, partecipa ad essa, ma è chiamato a condividere la spiritualità.

In genere si sottolinea il carattere di famiglia carismatica che unisce insieme religiosi, religiose e laici nella comunione, la complementarietà, l’arricchimento reciproco.

Per la crescita dell’unità della “famiglia” si trovano modi di incontro e di informazione e formazione comune; come quello che stiamo facendo, per esempio.

Condividere lo stesso carisma: religiosi e laici

Cosa vuol dire “condividere” il carisma con i laici? Si è abituati a pensare, di solito che il carisma del fondatore e della fondatrice sia una realtà di cui religiosi e religiose sono detentori.

Il documento Mutuae relationes parla invece del carisma come di

«un’esperienza dello Spirito, trasmessa ai propri discepoli per essere da questi: vissuta, custodita, approfondita e costantemente sviluppata in sintonia con il Corpo di Cristo in perenne crescita».

Il carisma comporta

«anche uno stile particolare di santificazione e di apostolato, che stabilisce una sua determinata tradizione in modo tale che se ne possano convenientemente cogliere gli elementi oggettivi» (n. 11).

Se questo è il carisma, quando ci viene domandato: «Qual è il carisma del tuo fondatore, della tua fondatrice?», sarebbe fortemente riduttivo rispondere indicando un fine, un’azione, un compito.

Dovremmo sempre raccontare un’esperienza, l’esperienza di lui, di lei, la sua scelta di vita, le intenzioni fondanti, le motivazioni ideali.

Fondatori e fondatrici hanno fatto una particolare esperienza di Dio nello Spirito, si sono lasciati condurre da lui in una nuova comprensione del mistero di Cristo, del Vangelo, della vita cristiana, fino a delineare la fisionomia di un’opera che si esprime in un determinato servizio alla Chiesa e alla società come risposta ai segni dei tempi.

L’esperienza di Dio dei/delle fondatori/fondatrici, è per sua natura, comunicativa, ha una valenza collettiva, viene partecipata ad altri.

Cioè non rimane qualcosa di isolato che riguarda soltanto chi l’ha fatta.

Questa esperienza contiene come un codice genetico destinato a restare, a durare. Non solo, l’energia di questo codice resta viva, e quindi lo rende capace di essere riattualizzato in maniera sempre creativa dai seguaci di ieri, di oggi e di domani.

I contenuti di questa esperienza costituiscono quello che abitualmente chiamiamo “carisma del fondatore”.

Pensando a questa valenza collettiva, parliamo piuttosto di “trasmissione di una esperienza” da parte del/della fondatore/fondatrice, invece che di trasmissione del carisma da parte del/della fondatore/fondatrice.

Dire che trasmettono il carisma è improprio in quanto essi non sono detentori del carisma; lo ricevono e lo vivono, ma il dono li trascende, rimane sempre dono libero dello Spirito.

Fondatori e fondatrici ne sono soltanto gli strumenti per il suo esercizio nella Chiesa, ne sono servitori, ma mai padroni. Per questo essi possono testimoniare il carisma ricevuto, mostrarne la ricchezza, la bellezza, l’efficacia e con questo attirare altri e suscitare il desiderio di condividere la medesima esperienza.

Ogni nuovo membro della famiglia religiosa che nasce attorno al fondatore/fondatrice ha una vocazione personale da parte di Dio, nella quale si ritrovano, in maniera analoga, gli stessi elementi di quella suscitata nel fondatore/fondatrice.

È una sintonia, una consonanza vocazionale e carismatica infusa dallo Spirito Santo.

Il carisma non è una realtà che appartiene alle persone consacrate e di cui esse possono usare e disporre a loro piacimento. È un dono ricevuto di cui nessuno può appropriarsi e che sempre sorpassa la persona che lo riceve.

In questo senso non si può pensare che siano le persone consacrate a rendere partecipi i laici del proprio carisma. Analogamente a quanto avviene per esse, sarà lo Spirito che dona anche ai laici il carisma che è stato ricevuto dai consacrati.

È lo Spirito che li chiama a condividere una esperienza particolare di vita evangelica.

Certo da parte delle persone consacrate occorrerà, come lo è stato per i fondatori e le fondatrici rispettive, saper testimoniare una esperienza di vita, mostrarne

• la ricchezza
• la bellezza
• l’efficacia

e con questo attirare e suscitare il desiderio di condividere la medesima esperienza. Ma questo vale anche per gli stessi laici, che possono diventare strumento di attrazione per altri alla vita consacrata.

Spesso il fondatore e la fondatrice sono persone consacrate o, nel caso dei fondatori, a volte anche sacerdoti. Inoltre abitualmente essi trasmettono la loro esperienza a persone che a loro volta si sentono chiamate alla consacrazione o al sacerdozio.

Questo farebbe pensare, in un primo momento, che le sua modalità di attuazione siano esclusivamente nella linea della vita consacrata. Ma il fatto che l’esperienza carismatica in un primo tempo sia stata incarnata in una modalità religiosa non significa che tale modalità esaurisca le potenzialità insite nel carisma.

Il carisma, sotto questo profilo, precede la sua modalità di attuazione e può essere vissuto in modalità consacrata e in modalità laicale.

Gli stessi laici sono chiamati a testimoniare il carisma a tal punto da suscitare vocazioni laicali e anche consacrate all’Istituto.

Conclusione

Condividere un carisma particolare è una vocazione speciale a cui alcune persone sono chiamate all’interno della vocazione fondamentale cristiana. Vi si aderisce per vocazione, la cui autenticità deve essere verificata attraverso il discernimento. La condivisione al carisma non è quindi la partecipazione a una compagnia di lavoro, né a un club di interesse sociale e religioso comune. È la partecipazione alla vita dello Spirito, che spinge a vivere tutta l’esistenza cristiana secondo un’angolatura speciale.

Liturgia
Insieme costruiamo la Vita

Segni: alcuni fogli di giornale, terra, semi, candeline, acqua

I ministeri sono la testimonianza viva ed effettiva di voler cambiare tutte le pratiche sociali, economiche e politiche contrarie al Regno di Dio annunciato da Gesù di Nazaret. Il suo gesto di lavare i piedi ai suoi discepoli (cfr. Gv 13,12-15) non è soltanto un servizio, ma una sfida a costruire una “società altra” le cui fondamenta sono i valori del Regno.
Le piccole comunità cristiane, sin dagli inizi del proprio cammino, hanno ritrovato nella ministerialità il modo di continuare nella storia il messaggio di liberazione proclamato da Gesù nella sinagoga di Nazaret:
“Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore” (Lc 4,18-19).
I diversi ministeri motivati dalla solidarietà cristiana, nascono dal desiderio profondo di rendere visibile (reale) una società più fraterna, giusta e degna per tutti e tutte le persone. Un desiderio che nasce dall’amore profondo per i piccoli e le piccole (cfr. Mt 11,25).
Imboccare la strada della ministerialità porta ad abbracciare la croce. È stata l’esperienza di mons. Daniele Comboni che, nella sua ministerialità verso il popolo africano, scopre il senso profondo della croce. Diventa condizione per la riuscita delle sue opere.
Solo camminando insieme agli impoveriti e alle impoverite della storia la “ministerialità si fa profetica”. Sono proprio loro a mostrarci con chiarezza dov’è il nostro posto come Chiesa e come famiglia comboniana.
Invochiamo la presenza dello Spirito di Gesù di Nazaret. Sia Lui a rendere più sensibile i nostri cuori agli avvenimenti della storia.

Canto: Vieni, vieni Spirito di amore

1. Vedere: la terra su alcuni fogli di giornali/riviste

Su delle strisce di carta scriviamo (parola, verbo o aggettivo), alcuni aspetti della realtà in cui siamo presenti o che sperimentiamo intorno a noi. I foglietti vengono poi letti e collocati intorno alla terra.

A cori alterni recitiamo il salmo 72 (71)

O Dio, affida al re il tuo diritto,

al figlio di re la tua giustizia;

egli giudichi il tuo popolo secondo giustizia

e i tuoi poveri secondo il diritto.

Le montagne portino pace al popolo

e le colline giustizia.

Ai poveri del popolo renda giustizia,

salvi i figli del misero

e abbatta l’oppressore.

Ti faccia durare quanto il sole,

come la luna di generazione in generazione.

Scenda come pioggia sull’erba,

come acqua che irrora la terra.

Nei suoi giorni fiorisca il giusto

e abbondi la pace,

finché non si spenga la luna.

E dòmini da mare a mare,

dal fiume sino ai confini della terra.

A lui si pieghino le tribù del deserto,

mordano la polvere i suoi nemici.

I re di Tarsis e delle isole portino tributi,

i re di Saba e di Seba offrano doni.

Tutti i re si prostrino a lui,

lo servano tutte le genti.

Perché egli libererà il misero che invoca

e il povero che non trova aiuto.

Gloria al Padre…

2. Pensare

La realtà, anche nella sua complessità, è piena della presenza del Dio della Vita. La Parola, ascoltata e meditata in comunità, apre non solo la mente ma anche gli occhi e i cuori, per saper discernere e riconoscere i segni di speranza presenti in essa (realtà).

Prepariamoci all’ascolto della Parola con il canto:

Alleluja a alleluja, alleluja a alleluja. (2 volte)
Mokonzi asekwi tosepela, toyembela ye e aleluja!
(Il Signore è risorto, esultiamo, lodiamolo)

Lettura: Apocalisse 22,1-3a

E mi mostrò poi un fiume d’acqua viva, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello. In mezzo alla piazza della città, e da una parte e dall’altra del fiume, si trova un albero di vita che dà frutti dodici volte all’anno, portando frutto ogni mese; le foglie dell’albero servono a guarire le nazioni. E non vi sarà più maledizione. Parola del Signore.

(Dopo essere stata proclamata la Parola, una Bibbia viene collocata accanto alla terra. Viene acceso accanto ad essa un cero segno della presenza di Gesù risorto).

Qualche minuto di silenzio per poter riprendere il testo dell’Apocalisse.

3. Agire: I semi

Simbolicamente vogliamo lasciare cadere dei semi sulla terra. È il desiderio di voler continuare a seminare, come singole persone e in comunità, per trasformare la realtà… Vengono accese alcune candeline. È la luce/speranza che illumina la realtà.

4. Benedizione

Bagnando le dita nell’acqua ci benediciamo facendo il segno della croce sulla fronte dell’altro/a. L’augurio è che questo incontro sia vita per noi che desideriamo fare un cammino nella famiglia comboniana, acqua che rinfresca l’impegno quotidiano per la vita.

Padre Nostro (tenendoci per mano)

Canto: Resta qui con noi

One thought on “Incontro 1 giugno 2019”

  1. Grazie per il materiale condiviso. Sia la preghiera di don Tonino che l’estratto dalla riflessione di Ciardi sul carisma e condivisione laici/consacrati e la preghiera liturgica sono preziosi strumenti che ci aiutano ad approfondire la bellezza della chiamata missionaria comboniana oggi nel mondo.
    Vi saluto da Gerusalemme, terra del Signore Gesù nella sua umanità e auguro a ciascuno/a di voi e a tutta la famiglia comboniana SHALOM.
    Vi aspettiamo in Terra Santa.

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