Condivisione su Mt 3,13-17


Per prima cosa leggo nella nota della Bibbia di Gerusalemme che alla parola “convertitevi” corrisponde la parola metànoia (cambiamento di sentimenti). Quando ho avvertito un tale cambiamento? Per esempio quando mi sono innamorato e quando sono diventato papà.
La prospettiva rispetto alla tua precedente idea di “papà” è ribaltata. In un attimo ti accorgi che non avevi capito l’indispensabile riguardo tuo papà perché non lo avevi mai vissuto. E, di riflesso, non avevi vissuto l’esperienza di Dio Padre. Vivi un amore che prima non conoscevi (un amore che prima vivevi solo di riflesso).
Giovanni dà una speranza nuova a coloro ai quali era stata tolta dignità. Nella folla che seguiva Giovanni mi immagino padri che facevano fatica a sostenere la loro famiglia, gravati da ingiustizie sociali che avvelenavano le loro vite. Mi immagino anche i profughi ebreo-cristiani in Siria che facevano fatica ad abbandonare la religione dei padri (ma chi è mio padre? La tradizione o Dio? “Dio può far sorgere figli di Abramo da queste pietre” Mt 3,9) e avevano sensi di colpa per la distruzione di Gerusalemme.
Gesù arriva in mezzo a loro.
Gesù si fa battezzare insieme a coloro che vogliono cambiare la società mettendosi in gioco, convertendosi loro per primi, cambiando prospettiva. È un Dio disposto a cambiare e che cambia in base alle scelte dell’uomo. Non arriva con il fuoco, non brucia la pula, non ha in mano il ventilabro. Magari, non ci fosse stato Giovanni, avrebbe fatto così; invece si riconosce nell’idea di Giovanni. Gesù si riconosce in Giovanni, Dio si riconosce nell’uomo. Si fa battezzare, uomo tra gli uomini. Ed è allora che si aprono i cieli! Non prima, non quando arriva Gesù, non quando Giovanni riconosce il suo Signore. È in quel momento che Gesù si riconosce figlio di Dio, Suo erede. Dà a Giovanni e alla sua idea una dignità che neanche Giovanni avrebbe pensato che avesse.
Quella di Giovanni il Battista è un’idea degna di Dio. Un’idea che mostra chi è Dio. Mostra che Dio è un papà disposto a cambiare: ciò che è Dio dipende da noi che siamo figli, non esiste un papà senza figli. Se noi non ci riconosciamo come figli Lui non può essere padre, diventerebbe un Dio diverso. Ciò che è dipende da noi. Come nella parabola della vera vite di Giovanni: “Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo”. Che cos’è il vignaiolo senza la vite? Non lo sappiamo. E che cos’è la vite senza noi che siamo i tralci? Niente.
Noi raccontiamo di Lui e Lui non ci toglie ciò che è nostro ma si compiace: non ruba a Giovanni l’idea del battesimo, non arriva dicendo a Giovanni di farsi da parte (neppure sapendo che Giovanni avrebbe preferito così), permette a Giovanni di andare fino in fondo a quello che stava facendo e dà un senso nuovo al gesto del battesimo.
Così si adempie ogni giustizia. Con “adempiere” che è scritto alla prima persona plurale e ci dà il senso di un fare comunitario, “ogni” che insieme sembra parlare di qualcosa che abbracci universalmente tutti e che riesca a raggiungere ognuno di noi, ogni nostra fragilità e “giustizia” che mi fa venire in mente Giuseppe (il papà) uomo giusto (definito così poco prima) che però non agisce secondo le leggi dei padri perché non ripudia Maria (nome di donna maledetta nell’Antico Testamento), ma agisce per amore. E, tra l’altro, per compiere ogni giustizia Gesù ha bisogno del consenso di Giovanni: “Allora Giovanni acconsentì”.

Cristiano

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