Comunità e Famiglia – Casciago, 12 marzo 2006


INCONTRO DI FORMAZIONE PERMANENTE NAZIONALE

La giornata di domenica 12 marzo a Casciago (VA) ha visto la partecipazione, in una tavola rotonda, di tante coppie e famiglie d’Italia (da Nord a Sud… era presente persino Palermo!) che hanno deciso di intraprendere un serio cammino familiare e comunitario caratterizzato da un cambiamento profondo nelle scelte e nello stile di vita. Queste famiglie sentono dentro di loro, per cammini e vissuti propri, un forte richiamo a percorrere la strada comunitaria con carisma missionario comboniano e perciò desidererebbero passare dall’esperienza al concreto della vita.

La famiglia porta già in sé il seme di una vocazione che le è propria, la vocazione coniugale e familiare, e, a differenza di ordini o istituti religiosi, ricerca in modo libero e autonomo un modo di vita che le sia proprio e che non sia determinato dalla “regola” propria dell’ordine religioso.

Da qui il tentativo di un contatto ravvicinato con il mondo di Comunità e Famiglia (CF) per tentare un’alleanza come “scuola di comunità” (collaudata da oltre 30 anni), nella quale poter esprimere appieno la propria dimensione missionaria.

All’interno di Comunità e Famiglia, infatti, la famiglia può esprimere liberamente la propria vocazione, vivendo la “missione” “qui ed ora”, contagiando e lasciandosi contagiare dal proprio carisma. Il cammino laicale comboniano, dentro il quadro CF, costituirebbe una specie di “valore aggiunto”, mantenendo comunque quell’apertura necessaria affinché lo Spirito e la Provvidenza possano agire.

Nell’incontro Bruno Volpi cita l’esempio della casa costruita sulla roccia del Vangelo, dove la roccia rappresenta qualcosa di solido sì, ma già formato, già precostituito sul quale la famiglia si deve “modellare”, si deve inserire, non singolarmente o individualmente, o a piacimento personale, ma assieme agli altri che la Provvidenza mette sul proprio cammino, nel rispetto della sovranità che è propria di ogni famiglia, ma in relazione a ciò di cui la famiglia stessa è in grado di essere responsabile. “Dobbiamo essere solidi per essere solidali” ribadiva domenica Bruno Volpi, ma per arrivare a questa solidità ogni famiglia deve coltivare la diversità pur nell’ideale comune, perché ognuno ha il diritto/dovere di essere sé stesso. Ecco perché una comunità solidale, lo stare vicini in comunione di relazioni e di intenti in un ambiente solidale è possibile e forma quelle piccole cellule che sono le comunità di resistenza (di cui ha parlato più volte Alex Zanotelli) nelle quali l’essere solidali significa stare nel mondo e fare la propria parte credendo che le proprie sorti, il proprio futuro sia in qualche modo legato al futuro del Burundi o del Ruanda.
Comunità accogliente nella quale circola la visione missionaria dello stare insieme condividendo valori quali l’apertura, il rispetto, la fiducia, la tolleranza, la fraternità.
Nel mondo di Comunità e Famiglia il fermento missionario comboniano sarebbe accolto e valorizzato, e il cammino dei gruppi di condivisione proprio di CF andrebbe “sfruttato” proprio come strumento di confronto e conoscenza arrivando ad una vera esperienza ecumenica.
In un’ipotesi di alleanza tra CF e laicato missionario comboniano, pur nell’apertura e nell’assenza di imposizione del proprio modello, il fermento missionario comboniano troverebbe concretizzazione nella realizzazione di comunità di base e in rete con chi è in missione, comunità di accoglienza per chi parte e chi arriva in modo che la comunità possa essere strumento per la missione.

La comunità si prospetterebbe come comunità non omogenea ma aperta alle varie esperienze e diversità, comunità in cammino dinamico e “compagna di viaggio”, nella quale ogni singola famiglia possa esprimere liberamente le proprie connotazioni e caratteristiche, comunità come elemento funzionale alla famiglia.

Anche l’elemento “struttura” andrebbe gestito con questi scopi e finalità tentando una specie di “contratto” tra Associazione Comunità e Famiglia in ambito regionale e movimento laicale missionario comboniano.

Questo è un sunto di ciò che sommariamente è emerso nell’incontro di domenica, che, a mio avviso, rappresenta un primo tentativo di dare forma alle tante richieste e bisogni che arrivano un po’ da tutte le parti d’Italia dalle famiglie che si sono costruite e formate nell’ambito del laicato missionario comboniano.

Siamo ovviamente ancora in una fase progettuale e programmatica, per così dire “pionieristica” della proposta, nella quale forse ci viene chiesto di “aprire strade” e “bussare porte”.

Ma credo che l’elemento fondante sia credere nel progetto e nella sua futura realizzazione.
Sogno o utopia? Pensiamoci.

Arletta
Nogarole Rocca (VR)

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